Pesca alla passata e in trattenuta
Per pescare in acque correnti con la bolognese ci sono sicuramente delle regole essenziali da rispettare, altrimenti si correrebbe il rischio di fare cappotto a ogni uscita. Ormai è un fatto consolidato che, ad esempio, per catturare cavedani in acqua calma e stagnante, bisogna usare un nylon sottilissimo e un galleggiante affusolato; mentre se vogliamo i barbi in correntina, dobbiamo necessariamente appesantire la lenza con una torpille e costruire una spallinata, in modo che l’esca viaggi sul fondo, davanti alle loro fauci… Insomma, potrei citare altrettanti casi rischiando di ripetermi. Tali leggi alieutiche, però, non devono essere interpretate alla lettera, come accade nel caso del pescatore medio (pigro...). I fatti, invece, provano che l’aggiunta di un po’ di fantasia personale ha spesso l’effetto di una magia. Quante volte mi è capitato di vedere in successione tre o quattro pescatori vicini, che hanno la stessa esca, pescano alla stessa profondità, ma uno di loro prende pesci a ripetizione, mentre gli altri catturano a ritmo molto più lento o inesistente. Sarà questione di fortuna? No, il fattore C non c’entra, ve lo assicuro!
Il pescatore più prolifico degli altri potrebbe eventualmente essere favorito dalla pasturazione a monte, oppure essere più vicino al pascolo dei pesci. Tuttavia resto fortemente convinto che starebbe sicuramente impiegando qualche trucco in più. Forse un innesco fantasioso, un nylon più dicroico, una piombatura più morbida... oppure forse faceva la trattenuta, invece che la una semplice passata? Magari la verità è proprio questa! Imprimere un movimento all'esca che risvegli l'appetito dei pesci. E vi assicuro che, in certi giorni negativi, il poco pesce che morde, lo fa quasi solo sulla trattenuta invece che sulla passata. In giornate buone, con questa "astuzia", ho migliorato i miei risultati. Vediamo quindi nella pratica cosa sono l’una e l’altra: la passata e la trattenuta. Per la seconda direi che la parola spiega già tutto: trattenere significa rallentare, ed infatti si rallenta la corsa della lenza. Per la prima, invece, è semplice: lasciare che il galleggiante scorra liberamente, senza che ci sia alcuna azione del pescatore a modellare la corsa del segnalatore d'abboccata.
Pesca alla passata e trattenuta: facciamo chiarezza!
Purtroppo negli anni tanti pescatori hanno chiamato impropriamente e genericamente "pesca alla passata" quella tecnica, tipica di fiumi e canali del Nord e Centro Italia, che richiede l’uso della bolognese e galleggiante. Indifferentemente dal movimento del galleggiante, lasciato libero di correre o tenuto in trattenuta, si è sempre parlato di "pesca alla passata". Sfortunatamente lo si è fatto per comodità, ignoranza (anche in mare parlano di pesca alla passata in porto - sic!) o per una generale confusione. L’impegno editoriale mi impone di non fare lo stesso errore. Una cosa è la pesca alla passata, altra è la pesca in trattenuta. Avete capito bene: sono due cose diverse! Entrambi gli stili di pesca richiedono bolognese e galleggiante, ma differiscono sia per l’uso, sia per i risultati che possono dare.
Pesca alla passata
Generalmente si dice “pesca alla passata” la pratica comune di lanciare e lasciar scorrere il galleggiante seguendo la scia della corrente. È una caratteristica tipica di corsi d’acqua lenti, a volte fermi o non troppo veloci. Garantisce una presentazione dell’esca molto naturale, in quanto essa (specie con piombature minime tipo 0,30 – 0,50 – 0,75 grammi) si muove quasi alla stessa velocità del corso d’acqua. Mi piace praticarla in inverno, con regimi idrici in secca o con le chiuse dei canali abbassate. Fiondo i bigattini, poi lancio l'intera lenza quasi davanti a me, oppure a 30/45° dalla mia postazione. Vedo fluttuare il galleggiante liberamente, resto con la canna alta e appoggiata sull’inguine, assicurandomi di non fare alcuna trattenuta della lenza. Il segnalatore mi passa davanti, poi corre ancora fino a 45/60° gradi a valle, talvolta andando anche oltre. Questa è la passata come sono abituato a praticarla: le mangiate arrivano inaspettate da 0° e verso valle, oppure oltre la mia posizione. Raramente le abboccate si verificano nella fase iniziale (tra 45° a monte e 0 gradi – per capirci).
Pesca in trattenuta: due modi a confronto.
Mi è stato insegnato dalle riviste dell'Editoriale Olimpia che ci sono due tipi diversi di trattenuta. La prima, costante e uniforme, in acqua prettamente corrente, serve a far sì che, durante l’azione di pesca, l’amo si posizioni davanti alla piombatura e al galleggiante. La meccanica di questa "manovra" è semplice: lancio, aspetto che il galleggiante arrivi ad almeno a 45° gradi oltre la mia postazione, poi imprimo una leggera pressione della canna (sul galleggiante ovviamente), in modo che questo viaggi a una velocità di poco minore a quella della corrente. Attenzione, però! La differenza di velocità deve essere quasi impercettibile, l’astina emergente non deve fare nessuna scia di dragaggio. Ciò per non causare effetti indesiderati sui pinnuti. Una troppa pressione della montatura terrebbe l’esca sempre sollevata dal fondo, cioè 10 o 20 centimetri sopra le teste delle nostre prede. Se si è inesperti, e si ha paura di cadere nell’errore appena menzionato (credetemi - accadeva spesso al sottoscritto), si può evitare l’inconveniente pescando con un fondo di due spanne superiore a quello reale misurato dal sondino. Trattasi di un palliativo che può funzionare, ma va contro la logica stessa del pescare in questo modo.
Il secondo tipo di trattenuta ha la stessa meccanica della prima, tuttavia cambia solo l’esecuzione. Ecco in pratica come funziona: durante la passata smetto ogni tanto di seguire il galleggiante con la canna (mantenendola sempre in alto, appoggiata all'inguine), fino a fermarne la corsa per la durata di due-tre secondi, poi lo lascio ripartire. Qualche metro a valle e ripeto la manovra. Lo scopo principale di questa “trattenuta irregolare” è di attirare la curiosità del pesce. La lenza tende infatti a prendere una posizione orizzontale e di conseguenza l’esca si solleva dal fondo; poi, quando la tensione diminuisce, essa torna verso basso. Se c’è un barbo, un pigo o un cavedano nei dintorni, è impossibile che non noti quel boccone. Lo vedrà di sicuro, perché si distinguerà per il modo irregolare di scorrere. Inutile dire (repetita juvant diceva qualcuno...) che bisogna usare molta delicatezza nella pratica della trattenuta; dei movimenti bruschi del nostro braccio farebbero fare salti all’esca, e relative spinte in senso opposto al naturale nuoto dei pesci.
Lenze per passata e trattenuta
Quando voglio pescare a passata in acque calme o ferme ho l’abitudine di fare montature flessibili, regolari, senza particolari concentrazioni di piombo o bulk. Un esempio? Una corona di 14 pallini del n° 8 (0,07 grammi) disposti in 70 centimetri, cioè a 5 centimetri l’uno dall’altro. Per pescare con la trattenuta, non conferisco alle lenze caratteristiche speciali ma sono solito, per la pesca in corrente forte, appesantire molto la piombatura a una trentina/quarantina di centimetri dall’asola con un bulk seguito da una spallinata, per evitare che il terminale salga troppo in superficie. La trattenuta funziona e non c’è dubbio, ma va contro quel principio mentale della pesca a canna, che dice che l’esca deve viaggiare in acqua il più naturalmente possibile, alla stessa velocità della corrente. Come si giustifica la cosa? L'ho detto prima e mi ripeto... sicuramente, quando si creano vortici per la corrente o per gli ostacoli sommersi, il movimento insolito dell’esca sotto l’effetto della trattenuta stuzzica e incuriosisce il pesce. Ecco che lascia la sua zona di comfort e si lancia su ciò che più stimola la sua attenzione, regalandoci preziosi minuti di lotta e divertimento.