Pesca a canna fissa in acqua dolce

Nel 1991, durante una vacanza con i miei genitori sul Lago d’Iseo, mio padre acquistò una canna da pesca. Erano gli anni in cui erano presenti ancora materiali obsoleti, infatti comprò una canna di bambù. Il resto, che mi divide dall’agosto di quell’anno ai giorni nostri, è una storia raccontata più volte su Pescanet e non vorrei soffermarmi. Con questo vorrei dire che, probabilmente, il nostro primo approccio alla pesca è avvenuto proprio con una canna senza mulinello: la canna fissa. Un attrezzo ormai dimenticato, rimasto nei foderi di appassionati, agonisti e nostalgici come il sottoscritto, che però continua ad essere efficace e genera ottimi risultati. Purtroppo le mode del momento, e il richiamo “antico” di questa pesca, oserei dire un po’ vintage, ha fatto soppiantare la canna fissa a favore della roubaisienne (che spesso va di moda anche quando non serve), della bolognese e dell’inglese (molto spesso impiegata in contesti ristretti, dove la canna fissa garantirebbe le sue potenzialità). In più di 25 anni di pesca ho testato diversi attrezzi e ho scritto innumerevoli articoli sul sito, ma poter proferire delle parole sulla canna fissa mi rende orgoglioso di possederla e, soprattutto, lusingato di poterla ancora impiegare: non solo per la pesca al cefalo, bensì per la pesca al pesce bianco in canale, fiume o in lago.

 

Pesca a canna fissa

Per canna fissa si intende un attrezzo telescopico, solitamente dai 5 metri fino ai 10/11 metri. Vi sono varianti più corte, impiegate per la pesca all’alborella, ma non è questo il caso. La pesca a canna fissa non prevede l’utilizzo del mulinello, neanche di piccoli mulinellini (quelle sono le “barbarine”, non è una pesca a canna fissa) che riavvolgono il monofilo. L’azione di svolge collegando il monofilo alla punta della canna, attraverso un connettore, propriamente detto apicale. La lenza, poi, ha una lunghezza quasi quanto la canna, preferibilmente 40/50 centimetri in meno, fino a metà del manico. Il recupero della preda avviene approfittando dell’elasticità dell’attrezzo, che funge quasi da ammortizzare per le fughe di pesci come carassi, scardole, gardon, vaironi, piccole carpe, tinche. In commercio esistono modelli ad azione morbida (le cosiddette fiorentine), medio-rigida, rigida, di punta. Tralasciando ogni singola azione, ricordatevi che la canna fissa riesce ad assolvere quasi tutte le esigenze di pesca, tranne del pesce grosso, e del pesce che si trova lontano dall suo raggio di azione, che è dato dalla lunghezza della canna più lo scarto che intercorre tra galleggiante e apicale.

 

I galleggianti

La vera pesca con la canna fissa prevede l’applicazione di lenze col galleggiante. Le forme dei segnalatori di abboccata (ovvero i galleggianti) sono molteplici: pallina, goccia, carota, pera rovesciata, bulbo. Le derive dei galleggianti sono in carbonio, legno (ormai quasi sparite) e lega di alluminio. Ci sono varie filosofie legate a forma e deriva. Se ne leggono di tutti i colori ma vorrei darvi qualche certezza: i galleggianti con corpi più affusolati devono essere impiegati in acque lente, calme, piatte; i galleggianti con corpi più tozzi, più raccolti, devono essere usati con acque più increspate, più mosse, con più corrente. Infine c’è un ultimo dettaglio: l’asta. Esistono aste in plastica, aste piene, aste vuote, aste multicolor. Quelle in plastica sono più da bolognese, perché presentano starlite da 3 o 4,5 mm che possono essere sostituiti durante la pesca notturna, che non è proprio una specialità da canna fissa. Quelle piene o vuote, più sottili, sono tipiche dei galleggianti da canna fissa e roubaisienne. I colori delle aste sono solitamente tre: giallo, arancione e nero. Vanno impiegati e possibilmente sostituiti sul corpo del galleggiante a seconda della luce presente sullo spot. Preferisco i galleggianti con astina gialla e nera, rispetto a quelli arancioni, perché li trovo più comodi da individuare in condizioni rispettivamente di poca luce o forte luce.

 

Montature per la pesca a canna fissa

Ad ogni pesce una lenza. È quello che ho imparato in tanti anni di attività. Ci sono lenze universali, non lo metto in dubbio, ma è un po' come montare le gomme 4 stagioni: funzionano, ma non eccellono in alcuna specialità. Ci sono poi lenze specialistiche, che rendono al meglio a seconda delle abitudini del pesce. Richiedono pazienza e precisione nella costruzione della geometria; inoltre possono essere impiegate solo quando la pesca è diretta verso un tipo di pesce, altrimenti rischiano di non funzionare. Ne vedremo quattro, che rappresentano la base della canna fissa in acqua dolce. Partiamo dalla prima, una lenza universale che funziona più o meno dappertutto.

Lenza universale

La montatura prevede un galleggiante di 3 grammi, a carota o a goccia a seconda della corrente del corso d'acqua. Il trave, uno 0,14 o uno 0,12, presenterà una serie di pallini che si snoderanno su circa 3 metri di lenza. Questa soluzione è l'ideale su laghi con buona profondità e canne fisse di 8 o 9 metri. I pallini saranno costituiti da bulk di 5 piombini del n°2, poi a 30 cm altri 4 piombini del n°4. A 35 cm 3 piombini del n°6, a 40 cm 4 piombini del n°7, a 50 cm 3 piombini del n°8, a 60 cm 2 piombini del n°9 e ancora 2 piombini del n°10 a 60 centimetri. Il terminale sarà costituito da uno spezzone di 0,10 o 0,08 di 40 centimetri. L'amo sarà, preferibilmente, un n°18 magari a gambo corto, di marca Gamakatsu o similare. Questa lenza va bene per carassi, scardole, gardon, vaironi. La uso quando sono un po' pigro e non ho voglia di sperimentare.

Lenza per pesca alla scardola 

La seconda montatura è specifica per scardole, vaironi e gardon (specie simili alla prima). Può essere usata in canale, in fiume, in lago (magari su ampi fondali - riducendone il peso), insomma dove preferite purchè con condizioni di corrente media o lenta. È relativamente semplice. Sul trave, dello 0,12 o 0,14, passate un galleggiante da 3 grammi. Poi una torpille di 2,25 grammi. A seguire, a distanza di meno di un centimetro, posizionate 8 piombini: 1 del n°7, 2 del n°8 e 5 pallini del n°9. Otterrete una sorta di corona con in alto la torpille. Completate la lenza con un terminale di 15 centimetri, dello 0,10 o 0,12 ed un amo molto piccolo: un 18, 20 o 22 sono l'ideale per le piccole prede. Inoltre la torpille fa scendere la lenza molto velocemente, evitando l'attacco della minutaglia (alborelle).

Lenza alternativa per pesca alla scardola

In alternativa alla precedente, sempre per scardole, vaironi e gardon, propongo una soluzione fatta di pallini. Una coroncina distribuita in 20 centimetri, non di più. Si parte con 3 piombini del n°1, 2 piombini del n°2, 3 piombini del n°3, 5 piombini del n°4, 1 piombini del n°5 e 1 piombino del n°6. Il terminale, uno spezzone di circa 10 centimetri del 0,10 o 0,12, dovrà essere necessariamente corto e trasmetterà le abboccate molto velocemente.

Lenza per pesca al cavedano

L' ultima montatura è un capolavoro di ingegneria alieutica e può essere utilizzata in lago per la pesca al cavedano, oppure in un corso d'acqua con corrente limitata. Occorrerà scendere con i diametri dei monofili, con la portata dei galleggianti ed anche con i piombini. La purezza è tutto nella pesca al cavedano. Pescarli è da maestri e i cappotti possono essere tanti, specie quando sono a pelo d'acqua e non vogliono saperne di abboccare. La lenza ideale è costituita da un trave dello 0,10 o 0,12 , sul quale bisognerà montare un galleggiante da 0,70/0,75 grammi. La spallinata, distribuita in 60/100 centimetri, sarà compsta da 1 piombino del n°6, 2 piombini del n°7, 2 piombini del n°8, 2 pallini del n°9, 2 pallini del n° 10, 2 pallini del n°11 e 3 pallini del n°12. Il terminale, tra i 20 e 40 centimetri (più è corto e più la lenza è rigida - ricordatelo) sarà armato con un amo Gamakatsu del n°18/24 o similare.

Conclusioni

La prima infarinatura per la pesca con la canna fissa è conclusa. Abbiamo visto lenze più complesse del solito, ma non troppo difficili. Provatele, applicatele alle vostre canne fisse e modificatele a vostro piacimento rendendole più performanti. Il mio consiglio è di adattarle al contesto, rendendole più morbide o più rigide a seconda della sospettosità delle prede. Sono sicuro che vi porteranno grandi soddisfazioni e garantiranno risultati lusinghieri, proprio come i miei due bei cavedani in foto, pescati nelle splendide acque del Trentino.

Marco de Biase

Marco de Biase

Direttore di Pescanet e di Pescare in Trentino. Classe 1983, vive da diversi anni nel Nord Italia occupandosi di marketing digitale. Dopo una lunga esperienza nelle acque pugliesi dell'Adriatico, frequenta da tempo gli spot del Trentino, Veneto e Lombardia. È un pescatore umile, sempre disposto a documentarsi e amante delle sfide. Comunica attraverso la scrittura, la fotografia e i social network seguiti da più di ventimila followers. È inoltre autore di due romanzi d'amore e pesca, oltre ad essere poliedrico collaboratore di riviste cartacee, aziende e blog di settore.

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