Pesca alla tinca col method feeder
Per anni ho pescato carassi, carpe, scardole e cavedani. Non avevo mai avuto il piacere di conoscere le tinche, splendidi ciprinidi autoctoni che popolano il Trentino Alto Adige, mia nuova terra di riferimento. Ne avevo sentito parlare sulle riviste di pesca e mi era anche capitato di vederne pescare alcuni esemplari degni di nota, ma tutto si riferiva a spot lontani la cui frequentazione era anti-economica. Pertanto l’approccio a questo pesce ha avuto un “gusto” differente, perché si è trattato di una vera e propria scoperta, un po’ come accadeva da bambino. Di spot da tinche in Trentino Alto Adige ce ne sono diversi: grandi laghi, laghi di dimensione media, laghetti e stagni. Per fortuna, le province autonome di Trento e Bolzano hanno saputo salvaguardare un ciprinide italico degno di nota, fonte di enorme soddisfazione perché difficile da pescare, combattivo e dall’animo molto tranquillo.
Alla scoperta della tinca
Prima di montare baracche e burattini, mi sono assicurato della presenza della tinca nello spot. Questo è il problema principale. Se la tinca c’è, mangerà prima o poi. Se non c’è, vuoi per bracconaggio o per l’inquinamento, la sua cattura sarà impossibile. Pertanto ho cercato di andare a colpo sicuro, frequentando un laghetto ricco di ciprinidi, tra cui la bellissima tinca. Mi rendo conto che i lettori di Pescanet sono sparsi un po’ ovunque, quindi ad alcuni risulterà difficile individuare ambienti dov’è presente la tinca. Di mio posso confermare che in Puglia e Molise è inesistente, in Basilicata (forse) popola il lago Pantano di Pignola a Potenza. Al Nord Italia è presente da sempre, come documentato in diversi link caricati nei forum. La si trova in ambienti poco inquinati, con acque placide e ricche di vegetazione oppure nei grandi laghi italiani come al Lago di Garda. La sua fisionomia è abbastanza lineare: testa un po’ compromessa, bocca larga, corpo snello, pinna caudale molto sviluppata. Il colore verde con sfumature tendenti all’arancione le dona un fascino particolare. Il suo carattere, infine, timido quanto riservato e l’abitudine consolidata a cibarsi a contatto col fondo, completano la descrizione di un pesce tutto da scoprire!
Concetti preliminari
Mesi prima della realizzazione di questo servizio fotografico, avevo letto su una rivista di pesca un articolo targato Shimano, curato da due pescatori del centro Italia che avevano fatto incetta di tinche pescando a method feeder. Vi confesso che tale pezzo mi ha messo addosso una tale voglia di “tinca”, al punto da costringermi a fare pratica sul territorio delle nozioni impartite su carta stampata. Prima di condividere con voi il mio sapere in materia di tinca, ho effettuato diversi test, con pasture ed esche differenti, sempre improntate alla regina dei ciprinidi. Sono arrivato ad una conclusione che, nel tempo, si è rivelata un’arma vincente che può consentire la cattura delle tinche a method feeder, tecnica oggetto di questo servizio. Per prima cosa bisogna focalizzare l’attenzione sull’attrezzatura: una canna da 3,60 metri non eccessivamente potente ma robusta, capace di contrastare le classiche zuccate delle tinche; un mulinello di taglia media, tipo un 3000 o 4000; un vasto assortimento di method feeder; pastura dai sapori forti, possibilmente salata o integrata con sostanze molto dolci; micro-boiles da 8 e 10 mm sempre dai gusti forti, a cui la regina non potrà resistere.
Come pescare la tinca a method feeder
Pescare col method feeder richiede minuteria specialistica, quindi bisognerà rivolgersi al proprio negoziante di fiducia per richiedere tutto l’occorrente. Vediamo come si costruisce la lenza per la pesca alla tinca col method feeder. Per prima cosa occorre selezionare un method feeder di taglia media, con peso tra i 24 e 30 grammi. Occorre passare lungo il monofilo uno stopper in gomma che potrebbe essere utile per fermare il method feeder in caso di abboccata e conseguente perdita di assetto. Sempre attraverso il filo madre, montiamo il method feeder, facendo scorrere il monofilo e blocchiamolo lungo la girella (o il supporto in gomma) che va incastrata alla base del method. Realizziamo un terminale di massimo 10 centimetri oppure sfruttiamo i terminali da method già pronti: ce ne sono di vario tipo, con hair rig o cono che passa attraverso le esche. Oggi ho impiegato dei terminali Guru per la pesca a method, senza ardiglione, con una forma particolare che tende ad agganciare al meglio l’apparato boccale delle tinche e dei ciprinidi in generale. Dopo aver sistemato il method, passiamo alla pastura. Bagnate pure mezzo chilo di pastura specialistica per la pesca a method. Nel servizio odierno potrete notare il colore grigiastro di una pastura a base di pesce, con forte componente di halibut (merluzzo) arricchita con un integratore oleoso. Per proseguire nella pesca, occorre poi infilare la micro-boile all’interno del cono con un apposito ago, solitamente fornito in dotazione al momento dell’acquisto. Infine, sfruttate la saponetta, ovvero l’apposito stampino per la pesca col method che consente di impiastrare la pastura su di esso grazie ad una semplice pressione sullo stesso. Il risultato finito sarà quello in foto. Un ottimo boccone agrocolce a disposizione delle nostre tinche!
Azione di pesca
La tinca è solita mangiare sul fondo, quindi tutte le tecniche che cercano questo pesce sul fondo sono perfette. Dopo aver lanciato, possibilmente presso arbusti che si affacciano in acqua o lungo un canneto, mettiamo la canna in leggera tensione. Non serve esagerare, perché la pesca a method è leggermente diversa dal ledgering tradizionale. Il pesce, infatti, deve ingoiare l’esca e autoferrarsi, quindi non c’è bisogno di ferrare in modo esagerato. Anzi, è buona norma mantenere l’archetto del mulinello chiuso, con l’antiritorno chiuso ma la frizione aperta. In questo modo la tinca, una volta ingoiata la boile e l’amo, partirà per il largo e la frizione aperta fungerà quasi da sistema auto-ferrante. Le partenze sono spesso improvvise, con sfrizionate potenti. I combattimenti iniziano e terminano con “zuccate” che si ripetono più volte, in quanto la tinca ha una vera e propria abitudine a muoversi verso il basso, cercando riparo negli ostacoli sommersi. Il recupero si fa emozionante quando, a fine corsa, il pesce non vuole saperne di entrare nel guadino e sfodera tutta la potenza che ha nella pinna caudale, guadagnando qualche altro metro prima di arrendersi. C’è un altro consiglio che vorrei porgere a tutti coloro che hanno un po’ più di sensibilità verso i pesci. La tinca è un ciprinide molto delicato. Quando effettuiamo le operazioni di slamatura è buona norma mantenere le mani bagnate, come ho fatto io durante la realizzazione delle foto. Il muco protettivo è importantissimo e la rimozione potrebbe causare infezioni nel pesce. Basta solo avere a portata di mano una bacinella con un po’ d’acqua. Quando bisognerà slamare il pesce o effettuare una foto di rito, bagnatevi pure le mani e operate in sicurezza.
Conclusioni
Dalla pesca c’è sempre qualcosa da imparare. Lo penso da sempre e lo ripeto a me stesso tutti i giorni. Però è necessaria umiltà, proprio quella umiltà che mi porta a sperimentare sempre nuove tecniche perché non voglio sentirmi un pescatore “arrivato”. Detto questo, il mio invito è di provare una nuova frontiera della pesca alla tinca (sempre che questa popoli le vostre acque). Il method feeder è un asso nella manica che potrà certamente regalarvi sorprese, magari proprio quelle tinche che spesso scodinzolano lungo i bordi del lago con sagome tipiche di pesci oltre i 2 kg. Abbiate pazienza e siate caparbi. Tentate, sperimentate e non abbattetevi in caso di apparenti sconfitte. Siate affamati di tinche perché, se ci sono, prima o poi verranno a fare visita al boccone agrodolce servito su un piatto d’argento chiamato method feeder.