Pesca all'inglese in mare dalla scogliera

Probabilmente questo è uno degli ultimi articoli di pesca in mare che scriverò per il 2017. Sono di ritorno in Trentino dopo aver trascorso le vacanze di Pasqua in Puglia. Il Frecciarossa percorre la tratta ad una velocità superiore ai 150 km/h. La mia mente, però, è ancora lì, in riva al mare, dove ho trascorso felici momenti di pesca ed aggregazione con le persone più care. La pazza consuetudine di portare un po’ di “colomba” ai pesci infreddoliti, proprio nei giorni di Pasqua, è stata rispettata anche quest’anno, nonostante il maltempo in arrivo e il poco tempo da dedicare al caro amatissimo mare. Purtroppo non ho più tempo da dedicare alla pesca in acqua salata… Torno in Puglia tre volte l’anno e tra ferragosto, Natale e Pasqua, se il maltempo non fa le bizze, rubo 6/7 giorni effettivi di pesca, troppo pochi per documentare o sperimentare. Ecco quindi che semplice pescata scacciapensieri si è trasformata in un’occasione per tornare a parlare di una specialità volta alla cattura di pesci snobbati, sia per la qualità delle carni non proprio eccellenti, sia per le dimensioni decisamente contenute.



Lo dico sempre: ormai sono tutti esperti di pesca! E’ davvero comodo essere seduti sul divano e sputar sentenze dietro una tastiera verso coloro che non pescano spigole e orate da capogiro. Troppo facile considerare “pesca” solo quella dedicata a prede di valore in cucina. La pesca vera e propria è quella che vede indistintamente la sportività al primo posto. Il resto sono solo chiacchiere da tastiera a cui, purtroppo, sono abituato, che mi hanno costretto al ritiro a vita privata, lontano dal mondo social della pesca. Quando poi ci si mette anche il mare di mezzo, con le sue vicissitudini ambientali e una carenza cronica di pesca, l’unica strada per trovare soddisfazioni concrete è tentare prede alternative con tecniche che vanno al di fuori della blasonata bolognese. Aguglie, salpe e boghe sono le principali protagoniste di un inverno che ha fatto i conti con temperature abbastanza rigide, vento e mareggiate continue.

Pesca all’inglese dalla scogliera

La cara vecchia pesca all’inglese ci viene in aiuto per diversificare le nostre uscite in scogliera. È soprattutto un diversivo, perché permette di operare in presenza di vento e con mare increspato, dandoci la possibilità di lanciare il galleggiante (piombato) a distanze difficilmente raggiungibili dalla bolognese. Non c’è solo questo. La pesca all’inglese dalla scogliera è un’arte che si sviluppa in velocità, specie quando è praticata con precisione chirurgica alla ricerca di minutaglia vorace: i ritmi possono diventare frenetici e, con buon allenamento, raggiungono anche un pesce al minuto! Attualmente è nel bagaglio alieutico di molti pescatori ma in pochi la praticano correttamente. Tanti ne hanno sentito parlare o l’hanno testata realmente sul campo. Sempre meno sono coloro che ne hanno fatto un culto alternativo alla classica bolognese che, vuoi per status symbol (in rete ormai c’è sfoggio di bolognesi da 400-500€) o per maggiore semplicità nella costruzione della lenza, resta sempre la tecnica più praticata tra i pescatori marittimi. Può essere praticata con canne in tre pezzi o telescopiche, mulinelli di taglia medio-piccola e varie tipologie di galleggianti che spaziano dal bodied allo straight, passando per il famigerato “ovetto”. 



Canne, mulinelli e galleggianti

Vediamo singolarmente ogni dettaglio dell’attrezzatura. La pesca dalla scogliera implica un approccio differente rispetto a quello già visto per il porto o per la spiaggia. Ci sono difficoltà logistiche (scogli, massi, frangiflutti) che richiedono attrezzi più rigidi e potenti, perché spesso saremo costretti a salpare le prede al volo, limitando l’uso del guadino a pesci più impegnativi. Solitamente impiego inglesi in tre pezzi o telescopiche da 4,20/4,50 e 4,80m, con potenza di lancio tra i 5 e 30 grammi. I puristi dell’inglese preferiranno le tre pezzi, sia per l’azione, sia perché la vera inglese è solo in tre pezzi. Tuttavia sento di consigliare anche le telescopiche di qualità, quelle realizzate con fusti reattivi e blank molto sottili, tendenzialmente conici, che si rivelano utilissime nella pesca notturna o in condizioni proibitive. I mulinelli per la pesca all’inglese hanno due caratteristiche principali: rapporto di recupero maggiore (tipo 6.2:1 o 7.2:1) e bobina match dalla capacità ridotta.

Quale mulinello per la pesca all'inglese?

Il mercato offre modelli dal costo contenuto e prodotti specifici con esborso superiore ai 100€. Spetta a voi fare i conti col portafogli e decidere cosa acquistare, a parità ovviamente di specifiche tecniche pressochè identiche. Consiglio sempre di abbinare alle tre pezzi (o telescopiche) mulinelli di taglia 3000-4000. I modelli più piccoli rischiano di mostrare un deficit in fase di recupero della preda. Spendo volentieri due parole sui galleggianti. Ho sempre acquistato gli straight per la pesca a corta distanza con mare calmo, i bodied per la media-lunga distanza con mare calmo o leggermente increspato, gli ovetti per la media distanza con mare increspato, mosso o molto mosso. In particolare, chiamo “ovetti” quei galleggianti piomati a forma di uovo o pallina che rientrano, magari un po’ forzosamente, nelle tipologie di galleggianti scorrevoli impiegati nella pesca in mare da riva. Nel paragrafo sottostante vi spiegherò come realizzare tre lenze vincenti per ognuno di questi galleggianti.



Montature per la pesca all’inglese

Posto che i tipi di galleggianti siano 3, vediamo nel dettaglio ogni singola montatura per straight, bodied e ovetto. La prima lenza è l’ideale per la pesca a corta distanza con mare calmo e poca corrente. E’ composta da un terminale di 50/100 cm (più corto per prede voraci – più lungo per pesci sospettosi), coroncina con 5 pallini a distanza di 15 cm ciascuno e un bulk da 3 a 100/120 cm. La seconda montatura è indicata per la pesca con bodied di 6/10 grammi a media-lunga distanza con mare calmo o un po’ increspato dal vento. Il terminale di 70/120 cm seguirà tre pallini equidistanti per 20 cm. Più in alto, a 100/150 cm dall’ultimo pallino, si trova il bulk composto da 3 o 4 pallini. La lenza dedicata agli ovetti non segue la geometria delle precedenti, bensì è frutto di una personale interpretazione della pesca a distanza in condizioni di mare arricciato, mosso o molto mosso (anche prima e durante la scaduta). Sono solito realizzarla con uno svolazzo di 80/120 cm, girella, tre pallini a ridosso di quest’ultima. Lungo il trave scorre il galleggiante che sarà fermato da due stopper in silicone, destinati a settare l’altezza di pesca. Si tratta di un ibrido abbastanza rozzo che può vantare una buona efficacia nella pesca di pesci di superficie.



Accorgimenti in fase di pesca

Dopo la teoria si passa alla pratica. Adesso ci siamo solo noi e il mare. Canna e mulinello sono l’arma a nostra disposizione per ingaggiare il tanto atteso confronto con boghe, occhiate, salpe e aguglie. Il primo lancio è fondamentale. Non tanto perché determina la riuscita di pesca ma è spesso occasione di grovigli e bestemmie. Diversamente da molte tecniche di estrazione marina e dulciacquicola, la pesca all’inglese richiede una certa ripetizione di movimenti per non cadere nei pasticci. Mi spiego meglio..! Sarà nostra cura, all’arrivo della lenza sull’acqua, recuperare brevemente e velocemente un po’ di filo, con l’obiettivo di stendere la montatura evitando fastidiose parrucche sul trave e sul terminale. Un altro aspetto che spesso determina una buona riuscita della battuta di pesca è la pasturazione.

Come pasturare correttamente

È davvero impossibile pescare all’inglese senza una pasturazione costante a base di sfarinati o bigattini. Il pesce va richiamato alla distanza che preferiamo ma dev’essere mantenuto sempre in attività. Ricordiamoci, infatti, che non stiamo pescando col gambero vivo o con esche non correlate a pasturazione. Impiegheremo il verme coreano, scampi, bigattini o pastella cioè esche che necessitano di un richiamo costante per ottenere un vero e proprio successo. L’ultimo punto da sviscerare concerne la profondità di pesca. Tutte le lenze proposte comprendono uno stopper o un nodo di fermo e, pertanto, sono adatte a tutte le profondità, anche quelle che superano la lunghezza della canna stessa. È buona norma sondare e impostare la pescata tra mezz’acqua e mezzo fondo perché il pascolo delle prede succitate non si svolge sul fondo ma quasi a metà, tra la superficie e la profondità. Ne consegue, quindi, che la pasturazione dovrà colpire proprio tale fascia d’acqua, senza arrivare sul fondo, causando la dispersione del richiamo alimentare.



Conclusioni

Sono quasi arrivato a casa. Dal finestrino scorgo le Alpi e la neve sulle cime. Anche se il mare della mia Puglia è lontano dal mare riesco ancora a provare le emozioni che mi hanno accompagnato nella stesura di un articolo destinato a chiudere la mia esperienza di pesca in mare. Nei prossimi mesi ci saranno sicuramente occasioni per mettere in pratica i consigli che ho elargito attraverso il mio scritto. L’invito alla prova è sempre valido purchè ci sia la consapevolezza che per definirsi dei pescatori completi bisogna vivere con umiltà e voglia di sperimentare ciò che è ancora ignoto.

Buona fortuna e… in bocca al pescione!

Marco de Biase

Marco de Biase

Direttore di Pescanet e di Pescare in Trentino. Classe 1983, vive da diversi anni nel Nord Italia occupandosi di marketing digitale. Dopo una lunga esperienza nelle acque pugliesi dell'Adriatico, frequenta da tempo gli spot del Trentino, Veneto e Lombardia. È un pescatore umile, sempre disposto a documentarsi e amante delle sfide. Comunica attraverso la scrittura, la fotografia e i social network seguiti da più di ventimila followers. È inoltre autore di due romanzi d'amore e pesca, oltre ad essere poliedrico collaboratore di riviste cartacee, aziende e blog di settore.

Articoli consigliati

I migliori articoli dall'archivio di Pescanet