Pesca al cefalo in porto a Molfetta e Giovinazzo
La Puglia è una regione peninsulare, quasi interamente bagnata dal mar Adriatico, ricca di coste e povera di acque interne. Questa particolarità la rende meta ideale per gli amanti della pesca in mare da riva che possono dedicarsi a svariate tecniche come la pesca a bolognese in porto, il surf casting e lo spinning. Il mese di marzo si presenta sempre altalenante, con giornate fredde, caratterizzate da bassa pressione e temperature prossime allo zero, e tiepidi accenni primaverili che portano ad un risveglio del mare. I pomeriggi si allungano e c’è anche il passaggio all’ora legale. Conseguentemente la voglia di pesca subisce un’impennata ma trova una barriera costituita dall’acqua ancora fredda ed una scarsa attività dei pinnuti tendenzialmente pigri ed abulici. Il cefalo, però, è un pesce attivo tutto l’anno, dal carattere fortemente sportivo, sospettoso ed instancabile guerriero per gli appassionati delle telescopiche. Proprio i mesi freddi risultano essere i migliori per approfondire un capitolo a volte dimenticato, quello della pesca al muggine col pane, che può regalare immense soddisfazioni anche in giornate gelide da passare in placidi specchi portuali che la terra di Bari può offrirci. Questo mese, infatti, siamo a proporvi un breve itinerario che toccherà un porto, quello di Molfetta ed un porticciolo, Giovinazzo. Due splendide realtà vicinissime tra loro, molto frequentate e ricche di cefali di tutte le taglie, anche “Big”.Molfetta mon amour. Una perla, sia per i turisti che per i pescatori che arrivano sin dalla Campania e Basilicata per immergere le proprie lenze in questo paradiso. Forse pecco un po’ di campanilismo, ma ogni battuta di pesca nel porto di Molfetta ha un fascino indescrivibile. La cornice del Duomo, uno dei più caratteristici d’Italia, si fonde perfettamente con l’ambiente marino circostante tinteggiato di azzurro. La banchina San Domenico ed i pontili galleggianti rappresentano un ottimo spot per noi “cefalari”, da affrontare con canna fissa e bolognese.
Anche l’occhio vuole la sua parte, non c’è dubbio: il passeggio domenicale è un elemento caratteristico di questa città. Vi sono simpatici ambulanti, a volte un po’ chiassosi ma simpatici, che contribuiscono nel donare un’atmosfera giocosa ai weekend da passare in riva al mare. Non solo pesca ma anche relax e divertimento assicurato, con una Capitaneria di Porto ben tollerante verso l’attività alieutica. Il porto è spesso battuto da venti provenienti da nord che non agevolano la pesca in condizioni di bassa pressione. Ottima è la performance in giornate uggiose con assenza di vento e pioggia leggera o con sole velato e temperatura mite, con venti provenienti dai quadranti meridionali. Non si avvertono particolari differenze di pescosità con la bassa o l’alta marea.
Il parco canne ideale è composto da una bolognese di sei/sette metri accompagnata da una canna fissa di sette/otto metri. La profondità media si aggira sui 5,50 metri pertanto si necessita di attrezzi un po’ lunghi. Sfortunatamente le acque non sono particolarmente limpide, spesso appaiono velate a causa dell’intensa attività portuale che si riscontra il venerdì, al ritorno dei pescherecci. Tuttavia l’appetito dei pesci non risente di questi fattori ambientali, anzi sembra essere costante durante tutta la settimana. Quanto alle montature da utilizzare, consigliamo di andare sul sottile con un trave dello 0,14 (sia per la lenza madre della fissa che in bobina) da abbinare ad un doppio terminale di 40 e 50cm dello 0,10 armato di ami del 18 a gambo lungo, per una migliore presentazione dell’esca. La piombatura da applicare è estremamente semplice: torpille secca. Sembra essere quella preferita dai cefali autoctoni, che ben gradiscono l’esca ferma sul fondo presentata con una certa rigidità. La spiegazione va ricercata nella presenza quasi costante di correnti di profondità che obbligano, per un principio della fisica, a disporre la piombatura in un unico punto preciso della lenza.
Capitolo a parte meritano la pasturazione e l’esca da utilizzare. Il porto di Molfetta è un porto di seconda classe, quindi di medie dimensioni, con un traffico mercantile e peschereccio discretamente sostenuto. Tutto ciò provoca, per forza di cose, una sorta di “pasturazione naturale” da parte degli operatori dediti alla pesca professionista che sono soliti ripulire gli scarti delle reti direttamente in loco, gettando in acqua carcasse di pesci morti. Se dovessimo coglierne il lato puramente ambientalistico della faccenda sicuramente eviteremmo di pescarci, visto il leggero tasso di inquinamento. Ma al pescasportivo tali dettagli poco importano, ciò che conta è divertirsi. La pasturazione dovrà rispecchiare proprio questa abitudine dei locali, comprendendo ingredienti che richiamino la dieta comune dei cefali. Possiamo reperire una base da cefalo di 2/3 kg da acquistare presso un negozio di pesca, da farcire poi con sarde macinate (500gr son più che sufficienti) o ricotta e formaggio. L’obiettivo è presentare un composto dai sapori forti, che ingolosiscano i pesci, sempre pronti a stuzzicare le nostre esche. La pasturazione dovrà partire una ventina di minuti prima dell’inizio della nostra battuta di pesca, al fine di richiamare nella nostra zona i folti branchi di cefali. Dapprima con palle grosse quanto un mandarino, poi con una soluzione di richiamo pari ad una noce.
C’è poco da dire sull’esca: pane e solo pane. Qui da noi è possibile acquistare in panificio una tipologia che sembra nata appositamente per i cefali. Stiamo parlando del “quartino” o “ciuccio”, un panino che richiama il genovese, ma che presenta tanta mollica. Bagnarlo e prepararlo è estremamente semplice, non richiede particolari competenze. Immergetelo in acqua con l’ausilio della testa del guadino e aspettate circa un minuto, il tempo necessario per farlo gonfiare. Riponetelo poi in uno straccio e strizzatelo con cura, senza movimenti bruschi. Infine separate le spire che compongono la mollica e continuate a mantenerlo nello straccio, ormai ben inumidito. Ora occorre posizionarlo sull’amo, con piccoli movimenti delle dita che generino un batuffolo (come in fotografia). Per chi volesse testare esche alternative consigliamo la sarda che si rivela sempre un poker d’assi per i cefali di grosse dimensioni ed il bigattino, qualora vi sia presenza di minutaglia.
Giovinazzo, amore a prima vista. Un gioiello profumato di storia ed architettura. Il porticciolo di Giovinazzo non è solo “un porticciolo”, mi si perdoni il giro di parole. Una sorta di tuffo in una dimensione artistico-culturale che affascina anche il più insensibile dei pescatori. Si sviluppa all’interno di una insenatura naturale bloccata sui versanti nord ed ovest da due bracci artificiali. La mano dell’uomo non ha calcato l’ambiente ed è possibile ammirare la Cattedrale romanica col suo caratteristico campanile, assieme alle mura ed al torrione Aragonese. Le acque sono cristalline con un fondale misto a roccia e sabbia. Tutto ciò genera una sottile difficoltà nell’affrontare le placide acque giovinazzesi in quanto l’approccio dovrà seguire alcuni canoni di purismo per ottenere risultati eccellenti. Non è facile pescare qui, il pesce è smaliziato e ne sa una più del diavolo.
I punti migliori dove pescare cefali a Giovinazzo sono principalmente due: i pontili galleggianti in zona darsena e il molo “vecchio”. Possono essere affrontati allo stesso modo solo che l’unica differenza verte relativamente alla profondità. All’imboccatura del porto registriamo circa 6 metri di fondo che va a diminuire verso i 3,5/4 metri nell’ambito dei pontili. La bolognese è il miglior attrezzo che può essere impiegato in queste circostanze, dato il suo vasto range di adattabilità. In sacca porteremo una sei metri ed una sette, ad azione morbida per l’impiego di terminali capillari e galleggianti di scarso peso. La lenza che porremo in pesca dovrà essere assolutamente affidabile e morbida, quasi fosse naturale. Un galleggiante da 1/1,5 gr di forma affusolata montato sul trave dello 0,14 , una coroncina di pallini distribuiti in 120cm di lenza e doppio terminale dello 0,10/0,08 su due braccioli di 50 e 60cm, armati di piccoli ami del n°18 a gambo lungo.
Per ciò che concerne la pasturazione, seguiamo le stesse linee programmatiche viste per il porto di Molfetta. Idem dicasi per l’esca che può variare tra pane, bigattini e polpa di sarda. I cefali di Giovinazzo preferiscono esser presi per la gola ed occorre impegnarsi per portarli nel sacco. La combattività delle giovani prede è testimoniata anche da un ottima salute, viste le acque pulite e libere da attività industriali. Le abboccate sono spesso fulminee e portano ad una sfida che può durare anche oltre i dieci minuti per gli esemplari più corpulenti come quelli pescati durante la realizzazione di questo servizio. E’ d’uopo un sapiente lavoro di frizione unito alla delicatezza dell’antiritorno; il rischio di perdere l’esemplare “big” è sempre dietro l’angolo.