Pesca al cefalo con la bolognese

La vita a volte ti lascia senza parole. E' ciò che penso adesso, mentre svuoto la mente con le dita che pigiano la tastiera ed esprimono, pian piano, le riflessioni raccolte una per una. Un anno fa, per la realizzazione di un articolo dedicato alla pesca al cefalo, il Pescanet Team fece tappa a Bisceglie a fine agosto. Tutto ebbe inizio con un simpatico invito di Nicola Granieri per testare il porticciolo, ricco di cefali di media taglia, catturabili con la bolognese a breve distanza. L'esperienza si è ripetuta involontariamente, senza forzature, senza averla programmata nei particolari. A distanza di un anno cambiano le circostanze, ma i volti restano gli stessi ai quali si aggiunge una novità artistica. Una " new entry " che ha partecipato alla realizzazione del servizio fotografico, tingendo di femminile ogni scatto, impreziosendo con il suo tocco una passione che mi prende sin da bambino. Il primo incontro con Mr.Cefalo è datato al 1998, lungo il porto di Molfetta. Avevo una canna fissa a farmi compagnia, la Milo Vulcano, un modello in fiberglass regalato da papà per la promozione alle superiori. A quei tempi non c'era internet, nemmeno un sito di pesca. Si imparava a pescare il cefalo dalle riviste o in videocassetta ed io ero un avido scolaretto attento. Mangiavo carta, bevevo parole, immaginavo battaglie e desideravo il rè del porto. Col tempo sono cresciuto e, anno dopo anno, ho affinato gli attrezzi e la pazienza, mitigando alcuni errori. Oggi sono qui, a scrivere questo pezzo e trovo ispirazione nella mia Musa, che è sempre con me e mi ammira perchè avverte un fascino particolare nell'arte della pesca.


Cefalo: università della pesca

La pesca al cefalo è la mia preferita; in molti mi definiscono un "maestro" e li ringrazio. La realtà è ben diversa. Con l'Associazione Pescanet teniamo corsi e workshop duranti i quali cerco di spiegarla in modo assolutamente didattico. Concedo il meglio ai miei fan perchè ritengo in assoluto la tecnica più difficile in mare, dopo la boga in velocità a canna fissa ed il lancetto. I pescatori dei predoni non me ne vogliano ma non trovo nulla di tecnico nel fare una "cibaria" con vermone di 10 cm a cui si aggancia una vorace orata solitaria. Non vedo sfida nel passare una notte insonne alla spigola con una lenza perfetta ma avida di abboccate. Non è disprezzare ciò che non si può avere ma scegliere. Ho scelto di fare le mie pesche e tra queste prediligo la missione cefalo perchè la trovo davvero simile alle battute condotte in acque interne, durante le competizioni sui fiumi del nord Italia, alla ricerca di cavedani, carassi e carpe. Nella pesca al cefalo non vive il solo concetto dell'esca, della lenza e della cattura. Dietro vi gira un mondo complesso che riguarda la pasturazione.

Esperienza di pesca unica!

Apparentemente sembra un miscuglio di pane e formaggio. Nel cuore di una palla di pastura si mischiano dosaggi, scelta delle materie prime e amore in ciò che si fa. C'è una filosofia sull'abboccata, che non è mai diretta ed improvvisa, ma ha un preludio di sobbalzi e piccole spiombate che fanno andare in crisi anche il pescatore più esperto. C'è poi la combattività innata di un abile nuotatore. Egli sfoga la sua rabbia con improvvisi guizzi da velocista alternando testate che spezzano esili terminali. Purtroppo il cefalo non ha carni eccellenti, spesso risentono dell'ambiente in cui vive (porti e acque talvolta putride) ma chi pratica il catch & release non baderà a questo aspetto, quanto alla sportività tecnica.

montatura con torpille per la pesca del cefalo



Montatura per pesca al cefalo

Affrontiamo uno per uno gli aspetti che compongono il mondo misterioso del muggine. Partiamo dalla lenza perchè è alla base di tutto. Potremmo infatti preparare un buon innesco, un'ottima pastura ma se la lenza non scende nel modo giusto e non attrae l'appetito del cefalo, ci sarà poco da fare. Lavoro da anni con due lenze, la famigerata spallinata e la torpille secca. La prima è un concetto evoluto che ricade spesso nei mesi invernali, quando fa freddo ed il pesce ha bisogno di uno stimolo in più per aggredire l'esca. La naturalezza dei movimenti fluttuanti è un richiamo irresistibile per i pesci in letargo, che passano la stagione invernale con quello che il mare riesce ad offire. La situazione è diametralmente opposta infatti siamo in estate, con un caldo asfissiante e ben 36° al sole. L'acqua del mare è un brodo e i cefali sono tutt'altro che timidi! La spallinata non ha ragione di esistere perchè le prede si lanciano con assoluta voracità. Vi è anche un secondo problema: minutaglia. D'estate il mare si risveglia e le esche subiscono l'assalto di piccole boghe, salpette, leccie. La spallinata aperta rallenterebbe la discesa dell'esca che, inevitabilmente, cadrebbe nel tranello del pescetto. La torpille lavora al meglio, concentrando il suo peso in un'unica goccia. Preferisco un galleggiante a forma di goccia rovesciata da 1,5 ed una torpille secca da 1,5 grammi a completamento della taratura. Mesi fa, mentre leggevo i commenti ai miei tanti articoli spesi nel web, un qualcuno criticò pubblicamente il mio elogiare la torpille, perchè in era una semplice "una fumata di sigaretta". Al pescatore replico volentieri. Non sarà quale astuzia all'ultimo grido, ma ne ho viste di tutte i colori, persino spallinate al contrario per una pesca che invece richiede assoluta delicatezza. Ora che sappiamo come impostare la lenza può sembrare tutto facile, ma per arrivare alla torpille ci ha messo del tempo, ho studiato mesi e mesi e poi, convinto dai risultati, ho proposto la soluzione più efficace per l'estate.


Pastelle e pan carrè: esche per la pesca al cefalo

L'esca merita un paragrafo a se' stante. In tanti anni di attività ho sperimentato la sarda, il filetto di tonno fresco, il pane a treccia, la pastella pronta, il pan carrè (o pan bauletto) della Mulino Bianco. Ognuna dimostra il meglio di se' in determinate condizioni. Il filetto di sarda è un'arma efficacissima d'inverno, con acque fredde, mentre d'estate è impossibile da usare perchè la minutaglia la disintegra in un attimo, ripulendo l'amo. Spesso è anche irreperibile al mercato del pesce, costringendoci a fare scorta, stipandola nel congelatore di casa. Lo stesso dicasi per il tonno fresco tagliato a piccoli filetti, che costa "qualcosa" in più della sarda. Poi, dimenticando queste esche "naturali", ovvero costituite dalla succosa carne di un altro pesce, troviamo in commercio il pane a treccia, la pastella ed il pan carrè. Il pane a treccia non è male, anzi, è ricco di mollica che va ben imbevuta di acqua e poi distesa su un panno per essere strizzata. In pesca rende molto bene ma ha un piccolo difetto: d'estate si asciuga in poco tempo se non lo manteniamo all'ombra o nel panno umido. Le pastelle pronte sono assolutamente comode da conservare purchè racchiuse in un cestello con coperchio ermetico. Non perdono la consistenza col tempo ma hanno il problema dell'aroma che inizialmente è molto forte, al sapore di formaggio che perde pian piano la sua capacità olfattiva di settimana in settimana. In ultimo c'è il pan carrè che va preparato secondoi i consigli di un altro articolo sul sito e, vuoi per le sostanze con cui lo realizzano industrialmente, vuoi per l'alcool contenuto all'interno, è sempre gommoso, facile da innescare e, soprattutto, economico. Con quattro fette di pan carrè ci facciamo una pescata di 3 ore al costo di... meno di 70 centesimi!


Terminali e ami

Pescare il cefalo in finèsse è una delle principali soddisfazioni che l'attività alieutica può donarci. Le aziende di settore spesso consigliano attrezzi nervosi, con cime piuttosto rigide ad azione strong. Onestamente non sposo codesta filosofia, anzi mi lancio in battaglia con canne morbide, che gestiscano egregiamente due terminali a forcella di 40 e 50 cm dello 0,10 ed un madre 0,14 accoppiato ad un galleggiantino da 1,5 grammi con torpille secca da 1,5. Nella scelta dei terminali mi affido a materiali sicuri, che sono da tempo sul mercato. In foto noterete il Tubertini Carbon White dello 0,10 , un fluorocarbon conosciuto ed apprezzato da molti, con un grado di rifrazione pressochè identico a quello dell'acqua. La mia scelta è stata spesso criticata perchè il fluorocarbon per la pesca al cefalo "non servirebbe" a molto, in quanto di natura è rigido, mentre la preda vuole un boccone molto naturale. Quindi meglio un filo tradizionale come un Toray, un Tubertini PiùPiù, uno Smart Exel, un JTM Spectrum. Questi sono fili decisametne morbidi e teoricamente sarebbero più pescanti di un fluorocarbon in condizioni di assoluta diffidenza. Io credo che ognuno abbia le sue idee; rispetto quelle altrui e finchè c'è libertà di parola vorrei esprimere con forza anche il mio punto di vista. Se peschiamo con la torpille, che di per sè è rigida e rende immobile la lenza, tanto vale mantenere sempre rigido il terminale. Il cefalo non noterà grosse differenze tra il trave e i finali. Se scegliamo la spallinata, che addolcisce la discesa dell'esca, meglio cambiare e scegliere un filo soffice, che fluttui maggiormente alla corrente di profondità. Forse è un sofisma ma credo anche che il fluorocarbon abbia un senso su profondità inferiori a 4 metri, dove la luce penetra anche sul fondo, mentre superati i 5 metri (con visibilità pressochè nulla) non abbia senso impiegarlo. Gli ami vanno scelti in relazione al temrinale. E' impossibile legare un amo del 16/18 o 20 con un filo sostenuto. Sono solito usare i modelli simili al 6315 Gamakatsu (vedi il Vincent o il Tubertini in figura), con gambo lungo, filo medio-sottile e curvatura tonda. Rispetto al modello 120N, ideale per la sarda, il classico 6315 ha un corpo meno sproporzionato, che dona un aspetto finale più adescante, quasi fosse un confettino di pan carrè.


Pasturazione e combattimento

Abbiamo speso fiumi di parole sul forum di Pescanet per definire la pastura perfetta per il cefalo. Come in tutte le cose, non esiste la perfezione, essa appartiene solamente al Padre Eterno. Sono nate due linee di pensiero distinte, entrambe valide che spiegheremo dettagliatamente nelle prossime righe. Possiamo realizzare una buona pastura da cefalo affidandoci a sfarinati già pronti, di colore bianco, a grana fine, allungandoli con pane grattugiato e formaggio oppure fare tutto per conto nostro. Di mio, preferisco il primo metodo, perchè tutte le materie prime non sono sempre disponibili (panel grattugiato a grana fine, glutammato e aglio tritato). Per quattro ore di pesca impiego un chilo di pastura da cefalo (FIMA, Maver, Ceboastur, Tubertini) a grana finissima, possibilmente bianca e con un buon contenuto d'aglio. Poi aggiungo 300 grammi di pane grattugiato, sempre a grana fine e bianca, ovvero mollica tritata senza scorza del pane. Continuo con 100 gr di pecorino romano o di formaggi vari contenuti in quei pratici sacchettini da meno di 1€. Il costo totale è di 5/5,50€ per un 1,4 kg di prodotto. Durante l'impasto, se vogliamo proprio divertirci, amalgamiamo il tutto con latte di montagna o latte pastorizzato ma evitiamo olio o polpa di sarda. Non avrebbe senso perchè dobbiamo pescare col pane e non dobbiamo presentare un elemento che non c'entra nulla con l'esca. La seconda opzione riguarda una pastura artigianale che avrà un risultato finito paragonabile a quello di un prodotto semi-industriale. Dobbiamo acquistare 1 kg di pane grattugiato sempre a grana fine, 300 grammi di pecorino romano, 100/150 gr glutammato (lo troviamo dal negozio di pesca oppure nei negozi che vendono dolciumi) e una spruzzatina di aglio tritato. Chi non è pratico delle pasture fai da te dovrebbe impratichirsi con qualcosa di già pronto. L'esperto, invece, andrà direttamente sul secondo composto. Dopo aver sondato il fondale, il pescatore dovrà lanciare 4/5 palle di pastura rosse quanto un mandarino, per poi ridurle alla grandezza di una noce per il contenimento, ogni 10 minuti. C'e dell'altro... ho la consuetudine di lanciare la pastura anche durante il combattimento con il pesce perchè spesso il cefalo tende a spaventare i compagni gregari, allontanandoli dalla zona di operatività. In questo caso, occorre lanciare frammenti di pastura un po' più morbidi, che si sciolgano più velocemente. Inizialmente avrete qualche difficoltà nel manovrare la canna con la destra e pasturare con la sinistra, ma l'allenamento costante favorirà i movimenti e vi sembrerà un gioco da ragazzi.


Conclusioni

Se dovessi rivedere quanto ho scritto rimarrei stupito per aver racchiuso tutto in 7000 battute, oltre gli standard imposti dal SEO. Un contenuto così "pesante" per la pesca al cefalo ha un suo perchè. I portali di settore hanno una terribile carenza: vi è una superficialità di fondo nell'affrontare questo argomento e i lettori devono obbligatoriamente comprare una rivista per carpire i segreti. Vorrei trasmettere le emozioni che si provano nel conquistare un pesce così diffidente che richiede una preparazione tecnica notevole, molto più complessa di una pesca alla spigola che è più un terno al lotto che una verità ittica inconfutabile. Molto spesso, infatti, ho visto crollare come castelli di sabbia pescatori capaci di fare solo la pesca col gamberetto o bigattino. Non appena avevano da impastare, da scendere al di sotto dello 0,12 e maneggiare ami fuori del 12 entravano in crisi, dicendo che "il cefalo è stupido, non si mangia e non vale la pena pescarlo". Coloro che sono alla ricerca della sfida sappiano che il cappotto sarà scongiurato. Basterà approndire tutti i consigli, dal primo all'ultimo, perchè il cefalo risponderà agli stimoli di una pasturazione adeguata, di un boccone ben presentato e di un terminale montato accuratamente. Questa è la pesca vera, questa è arte e solo gli artisti possono capirla.

Marco de Biase

Marco de Biase

Direttore di Pescanet e di Pescare in Trentino. Classe 1983, vive da diversi anni nel Nord Italia occupandosi di marketing digitale. Dopo una lunga esperienza nelle acque pugliesi dell'Adriatico, frequenta da tempo gli spot del Trentino, Veneto e Lombardia. È un pescatore umile, sempre disposto a documentarsi e amante delle sfide. Comunica attraverso la scrittura, la fotografia e i social network seguiti da più di ventimila followers. È inoltre autore di due romanzi d'amore e pesca, oltre ad essere poliedrico collaboratore di riviste cartacee, aziende e blog di settore.

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