Lenze per la pesca in mare con la bolognese

La pesca è un arte. Lo scriveva un mio "discepolo" ed io lo confermo in pieno. Il pescatore è quindi un artista che, col tempo, impara a conoscere sempre meglio la sua "tavolozza" e a disegnare geometrie sempre più perfette, fino alla realizzazione di capolavori di efficacia e tecnicità. La ragione che mi spinge a scrivere, ormai da tempo, è sempre la stessa: documentare ciò che anni addietro mi è stato insegnato sulla pesca e che, con l'esperienza maturata nel campo di battaglia, ho contribuito a migliorare. In un periodo come quello che stiamo attraversando, la tarda primavera, è tempo di rispolverare la canna da pesca riposta nell'armadio per dedicare qualche ora al mare, il nostro amico blu, sempre lieto di accoglierci tra le sue braccia. Molti mi contattano per ricevere delucidazioni sulla pesca con la bolognese e la domanda più ricorrente è la seguente: come fai la lenza? Bella domanda! Ci sarebbero da scrivere pagine e pagine, richiederebbe del tempo, tanta pazienza e parecchio metodo. Ma alla fine ho deciso di rimboccarmi le maniche ed iniziare, portando a termine un lavoro completo che può essere adatto a tutti, dal neofita all'agonista più esigente, alle più svariate situazioni di pesca.

La presentazione dell'esca

Nella pesca in mare la presentazione dell'esca assume un ruolo fondamentale, sia in porto che dalla scogliera. Per presentarla al meglio non vi è una soluzione univoca perchè non esiste la lenza perfetta ce vale ovunque e comunque. Solo Dio conosce la perfezione mentre a noi è dato solo di avvicinarci, per questa ragione vediamo ora alcune soluzione standard da usare in particolari condizioni. Pescando col galleggiante, la costruzione della lenza deve rispettare una serie di parametri necessari per raggiungere lo scopo finale, quello di essere estremamente adescante, cioè presentare l'esca (bigattino, verme, gamberetto, ecc.) in modo assolutamente naturale. Ciò è molto rilevante soprattutto quando si pesca con l'ausilio della pasturazione. Un bigattino ben innescato su una lenza morbida e con una discesa naturale invoglia qualsiasi spigola al pasto. Invece un bigattino, seppure ben innescato, ma su una lenza rigida e con una discesa contorta e mal presentata, allontana quasi sempre una possibile spigola di passaggio, anche se a digiuno da giorni!

Sbagliando si impara

Spesso mi è capitato di battere i pescatori al mio fianco con l'astuzia. Scrivo queste righe con sincerità, basandomi solo sull'esperienza di quello che è accaduto. Arrivati sul luogo del misfatto aprivamo le nostre canne e posizionavamo l'attrezzatura per entrare in pesca. Verificavo la corrente, la profondità e tutte le altre condizioni che ritenevo opportuno considerare e modificavo la mia lenza o, se necessario, la tagliavo per riformularla da zero. I miei compagni, invece, spesso utilizzavano lenze standard, a volte quelle della pescata del giorno prima e senza particolari accorgimenti. Dopo un'ora il sottoscritto avvertiva le tocche, mentre i compagni di avventura indossavano spesso un caldo cappotto. Come mai? Sembrava come se i loro bigattini fossero "pesce-repellenti"!!! Mi chiedevano se il pesce era capace di vedere il filo, se quel particolare fluorocarbon fosse valido, se l'esca era copiosa sull'amo e così via. Partiva così un calo di autostima che portava a rivedere la loro lenza, diminuendo il diametro del terminale (a volte anche dello 0,06), riducendo la dimensione dell'amo e cambiando il peso del galleggiante. Quante volte vi siete comportati così? Quante volte siete andati di fino in circostanze come le nostre? In alcuni casi funzionava, in altri significava l'abbandono della speranza. Ecco che si interveniva sulla lenza, sulle qualità dei monofili e degli ami, anzichè sulla costruzione, elemento fondamentale e, purtroppo per loro, sottovalutato dai miei avversari. Col tempo hanno imparato a seguire i miei consigli e ora, quasi sempre, andando a pesca insieme noto con piacere che la loro lenza non è mai pronta e, di volta in volta, viene costruita sul posto dopo una veloce analisi dei vari fattori in gioco.

Lenze per la pesca in mare con la bolognese

In mare come in fiume, dove è nata la bolognese, vi sono una moltitudine di applicazioni dei concetti di questa italianissima tecnica. Per chi è a digiuno di termini come torpille secca, spallinata, scalare ed equidistanza, ciò più indurre a una sorta di paura iniziale, ma cercheremo di essere più semplici e chiari possibili. Per rendere più appetitosa la presentazione dell'esca, come dicevamo poco fa, abbiamo due soluzioni: lenza capillare o lavoro sulla montatura. La prima è svantaggiosa perchè spesso le dentature o gli apparati boccali delle nostre prede rischierebbero di spezzare gli esigui terminali, comportando la perdita del pesce. L'altra soluzione, quella della montatura ad-hoc, si rivela importante perchè permette di impiegare terminali ed ami che rispettano la taglia e la potenza del pesce, semplicemente impegnandoci sulla distribuzione della piombatura lungo la lenza. Tutto questo per far lavorare l'esca nel modo più naturale e silenzioso possibile. Prima di elencare le montature consigliate è d'uopo precisare un concetto fondamentale: la taratura del galleggiante. Se effettuata con l'ausilio di una coroncina di pallini, permette di avere una struttura della lenza che rispecchia le caratteristiche di morbidezza e naturalezza. Al contrario, l'utilizzo di piombo concentrato con bulk o torpille è quasi sempre meno catturante, pertanto va utilizzato solo in particolari circostanze.

Riassumiamo in 6 veloci schemi le tipologie di lenza che ogni pescatore dovrebbe conoscere:

LENZA 1) Schema con pallini equidistanti, di uguale peso, distribuiti lungo lo spezzone di lenza
LENZA 2) Schema con pallini a scalare, con corona aperta
LENZA 3) Schema con pallini a scalare, con corona chiusa
LENZA 4) Schema con torpille e spallinata
LENZA 5) Schema con torpille secca
LENZA 6) Schema con bulk centrale

Lenza 1 e 2

Partiamo dallo schema uno. In figura mostriamo la montatura costituita da una serie di pallini dello stesso tipo (da 15 a 25 pallini), quasi microscopici, posti alla stessa distanza l'uno dall'altro. Questa formula rende in due casi diametralmente opposti: acqua immobile o in condizioni di buona corrente e con mare leggermente mosso. Nel primo casi si presenta come la lenza obbligata per la sua peculiare sensibilità e naturalezza. Con mare mosso, invece, una lenza di questo tipo non offre punti di appoggio al moto ondoso che altrimenti farebbe affondare il galleggiante. Questa lenza è spesso adoperata dai puristi perchè consente di effettuare un'ottima trattenuta dell'esca, azione fondamentale per ingolosire le nostre prede. La discesa dell'esca è lenta, lentissima, ma il più naturale possibile. Per la sua ottimale utilizzazione sono consigliati svolazzi tra i 50 ed 150 cm.

montatura per la pesca in mare con la bolognese

Passiamo alla lenza 2. Si tratta di uno schema di lenza leggermente più complessa, perchè richiede alcuni calcoli matematici: più piombo sopra e meno piombo sotto, da distribuire in 12/15 pallini. Quelli verso la girella dovranno essere più piccoli per poi salire di peso man mano che ci avviciniamo al galleggiante. Qualora la matematica non vi accompagni, potrete comunque costruirla con pallini dello stesso tipo. Ciò che conta è posizionarli tutti ad una distanza differente l'uno dall'altro (come in figura), con una maggiore apertura verso l'attacco del terminale. Questo è uno schema da utilizzarsi in acque ferme o con leggera corrente, con terminali tra i 70 ed i 150 cm, sia singoli che doppi. L'entrata in pesca si dimostra più veloce della corona vista nello schema precedente, ma sempre mantenendo la naturalità necessaria.

 montatura per la pesca in mare con la bolognese

Lenza 3 e 4

La lenza n°3 segue la stessa impostazione dello schema 2, ma con meno pallini, tra le 8 e le 10 unità di grammatura differente o invariata. L'entrata in pesca è ancor più veloce, perchè il piombo è concentrato maggiormente e in meno punti. Inoltre questa geometria risulta indicata per contrastare le correnti di profondità, dove il mare oppone una maggiore resistenza verso la metà della lenza. La suddetta piombatura, scemando poi verso la fine, ci dà come risultato un terminale estremamente fluttuante.

montatura per la pesca in mare con la bolognese

Lo schema di lenza n°4 è un cosiddetto "piatto misto". Un compromesso tra velocità di entrata in pesca e morbidezza della lenza, uno tra i più utilizzati in ambito agonistico. Rappresenta una soluzione che scende velocemente negli strati d'acqua più bassi (grazie alla torpille) e, nello stesso tempo, rende morbida l'esca grazie all'uso di ulteriori 6/8 pallini. Più la torpille è lontana dall'amo, più la lenza è morbida ed il pesce non avvertirà l'inganno.

 montatura per la pesca in mare con la bolognese

Lenza 5 e 6

Schema 5. La torpille secca è impiegata solo in casi molto specifici: pesca al cefalo o boga (ed altre specie) dove occorre un posizionamento statico dell'esca, ma con una sensibilità massima, oppure quando c'è l'esigenza di far scendere l'esca molto velocemente, come su alti fondali o lontano dalla minutaglia di superficie. In tali circostanze è fondamentale la presenza di forte corrente o pesce estremamente affamato. Solo in questi due casi tali fattori non permettono al pesce di avvertire il peso della torpille concentrato in un unico punto della montatura.

montatura per la pesca al cefalo

Lo schema 6 invece può sembrare una montatura rozza, perchè vi è un unico spezzone di filo che parte direttamente dal mulinello e termina sull'esca. Trattasi di una lenza specifica per la pesca col gambero o cefalotti vivi, indicata per i predatori. Qui è necessario porre la piombatura a metà, tra il galleggiante (che non ha un suo peso perchè in balsa) e l'esca (che invece, per forza di cose peserà...). Tre pallini intermedi, pari ad un terzo della portata del galleggiante, si rivelano la giusta scelta per realizzare una lenza morbida ed estremamente adescante.

 montatura per la pesca alla spigola col gambero vivo


Meglio la girella o il microaggancio?

Sovente capita anche il quesito: girella o microaggancio? Ma a cosa serve? Si usano per la sostituzione del terminale in caso di rottura o deterioramento. La prima, la girella, permette un attacco attraverso un nodo su entrambi i lembi e nella fase di recupero del terminale elimina le fastidiose torsioni dovute al movimento ad elica provocato dall'esca. Lo svantaggio principale è dato dalla rigidità che impone alla montatura, quindi non è proprio indicata in condizioni di pesce attento e smaliziato. Il microaggancio invece (o attacco rapido) permette di unire i due monofili attraverso un clip metallico molto piccolo e sottile. All'interno passano le due asole costituite all'estremità degli spezzoni e protette da un tubicino siliconato. E' un sistema rivoluzionario, ha ottima tenuta e la morbidezza è superiore rispetto alla girella, ma spesso non riesce a scaricare il movimento rotatorio dell'esca in fase di recupero. L'ultimo metodo è un misto fra i due sistemi. Non prevede accessori e si rifà ai nodi della tradizione marinara: due asole che si intrecciano, l'una con l'altra. E' il top della sensibilità ed efficacia, ma presenta uno svantaggio: in caso di rottura del terminale impone quasi sempre di ricostruire nuovamente le asole, spesso anche spostando la piombatura.

Vincere le credenze popolari

Sarei tentato di proporvi la settima montatura, quella forse perfetta, che ti risolve ogni situazione tanto da gridare al miracolo. Curiosi? E' la lenza che non esiste. La lenza cosiddetta "invisibile". Scherzi a parte, nel costruire le lenze occorre vincere le credenze popolari. Non è affatto vero che chi pesca con la torpille è più bravo e cattura più spigole. Nessun Dio della pesca sminuisce la lenza con i pallini perchè è da "femminucce ordinate". A volte sentire il vicino di pesca è utile, può insegnarti tante cose e magari c'è effettivamente da imparare. Ma il ruolo della carta stampata è quello di porsi sopra le parti, con lo scopo di trasmettere l'approccio migliore, quello della creatività. Ecco perchè nei momenti di sconforto, quando tutti pescano e noi non avvertiamo neppure la mangiata di un ghiozzo, consiglio vivamente di esaminare la lenza e capire cosa non funziona. Applicate i nostri consigli e le catture non saranno figlie del fattore C, ma della vostra bravura e attenzione.

Terminale lungo o terminale corto?

Ho speso intere serate nel mio negozio di pesca di fiducia disquisendo in merito a discussioni filosofico-trascendentali sull'utilizzo del terminale corto o di quello lungo. Nel vecchio forum di Pescanet abbiamo persino rovinato "amicizie" perchè io ero per il terminale corto mentre qualche altro utente imponeva il terminale lungo quasi fosse una questione di stato. Ho consumato giorni per verificare il tutto sul campo di battaglia con finali corti, medi e lunghi e sono arrivato ad alcune conclusioni. Il terminale corto è indicato soprattutto per una lenza rigida, veloce e dove all'esca non dev'essere permesso movimento, quindi laddove c'è un banchetto di pesci affamati. Esempi sono la pesca alla boga con il gambero, all'occhiata ed alla minutaglia di superficie con il bigattino. Casi dove è richiesta prontezza di riflessi per una soluzione meccanica estrema. Il terminale lungo invece regala una maggiore sensibilità, maggiore fluttuosità dell'esca, ma una percezione dell'abboccata per forza di cose più lenta di qualche millisecondo. "In medio stato virtus", è così. A seconda delle tocche e relative abboccate sarà compito del pescatore comprendere se restringere il filo in eccesso o addirittura allungarlo. La pesca è un'arte. Come tante discipline ha i propri segreti, ma gli schemi proposti ci hanno permesso di accrescere ancora più il nostro bagaglio culturale in fatto di montature. Adesso non abbiamo scuse! Sei lenze supercollaudate per sbizzarrire la vostra creatività. Sei concetti da applicare nelle più disparate condizioni di mare, da quello mosso alla cosiddetta "tavola" che incontrerete nelle tiepide serate di maggio da trascorrere lungo la scogliera.

Marco de Biase

Marco de Biase

Direttore di Pescanet e di Pescare in Trentino. Classe 1983, vive da diversi anni nel Nord Italia occupandosi di marketing digitale. Dopo una lunga esperienza nelle acque pugliesi dell'Adriatico, frequenta da tempo gli spot del Trentino, Veneto e Lombardia. È un pescatore umile, sempre disposto a documentarsi e amante delle sfide. Comunica attraverso la scrittura, la fotografia e i social network seguiti da più di ventimila followers. È inoltre autore di due romanzi d'amore e pesca, oltre ad essere poliedrico collaboratore di riviste cartacee, aziende e blog di settore.

Articoli consigliati

I migliori articoli dall'archivio di Pescanet