Strategie per la pesca invernale nei carpodromi
A metà degli anni Novanta mi iscrissi in una società di pesca per tentare le prime gare in mare. Esperienza disastrosa, che preferisco lasciar perdere e nascondere al grande pubblico. Tuttavia, se provassi a salvare qualche insegnamento, conserverei volentieri un ricordo del barbuto presidente. Al termine di una competizione locale, vinta con un nutrito numero di prese superiore agli altri concorrenti, gli domandai: quanto conta la fortuna nella pesca? Accarezzando la sua lunga barba, mi rispose quasi stizzito: "Marcuccio, il pesce grosso è fortuna. Chi prende più degli altri... è bravura!". Per decenni ho creduto che fosse una semplice esaltazione del suo ego, mentre alla soglia dei quarant'anni posso dire che aveva pienamente ragione. Durante una pool di gennaio, a cui ho partecipato per strappare qualche consiglio ed evolvermi tecnicamente, ne ho avuto una terribile conferma. C'era sempre un pescatore che riusciva a sfruttare a pieno la situazione, catturando più carpe degli altri, o semplicemente riusciva a togliersi il cappotto quando invece sulle altre lenze regnava il silenzio. Fortuna? Credo che il barbuto presidente avesse ragione: la pesca, diversamente da quanto si può credere, difficilmente sposa la fortuna, quindi se un pescatore arriva a "macinare" più prede degli altri è perchè ha individuato (o indovinato) la strategia corretta.
Cambio di metabolismo e abitudini dei pesci
Da metà dicembre a fine febbraio, talvolta inizio marzo, le gelide temperature dell'acqua causano un deciso rallentamento del metabolismo nelle carpe. Il fabbisogno energetico diminuisce, quindi i pesci tendono a cercare meno cibo rispetto alla primavera o in estate. Si potrebbe pensare che pescarle sia un evento rarissimo, oppure che l'indole suicida del pesce abbia determinato la cattura. Niente di tutto questo. qualcuno potrebbe obiettare che i carpodromi, considerati come vasche pieni di pesci facili, facilitino l'esito della pescata. Resterete delusi, non è affatto così. Più che la quantità, ciò che conta sono strategie e materiali. I sistemi di pesca, le montature, i terminali e le modalità di invito sull'esca sono riuscite a garantire, infatti, una continuità di catture anche col freddo. Sicuramente si è avvantaggiati dalla quantità di bocche disposte ad abboccare ma le leggi della natura non si cambiano; il nostro approccio, invece, dovrà cambiare, proprio come fatto dal sottoscritto in una mattinata di fine dicembre, con pioggia e tempo fortemente variabile.
Profondità e caratteristiche dei carpodromi
Ogni carpodromo ha le sue peculiarità, una propria forma, una determinata profondità, una particolare conformazione del fondale e un numero imprecisato di sorgenti. Tutti fattori da considerare per individuare una valida strategia di pesca, che può essere rifinita durante lo scorrere dei minuti. Vi sono solitamente due casi: carpodromo rettangolare, con profondità costante, scavato negli anni '70/80 per adibirlo a una vera e propria palestra (volgarmente detta "vasca"); oppure carpodromi quasi naturali, con profondità variabile e sponde dalle forme più disparate, nato dopo lavori di escavazione per l'estrazione di ghiaia o torba anche in tempi più recenti. Nel primo caso direi che c'è una sostanziale continuità, quindi prede saranno disposte su quasi tutta l'area di pesca. Pasturazione, richiamo, tecnica di recupero, assenza di slamate e montature faranno la differenza. Nel secondo scenario, invece, le carpe potranno preferire determinati angoli, vuoi per la presenza di ostacoli sommersi sul fondo che fungano da riparo, vuoi per un gioco di temperature dell'acqua e sorgenti che rendono i picchetti molto disomogenei.
Come sondare correttamente in carpodromo
Le profondità dei carpodromi, almeno per quella che è la mia esperienza, variano tra 1,5 e 2,5 metri, con possibili eccezioni pari a 3/4 metri che però possono contarsi sulle dita di una mano. In inverno l'acqua è fredda ovunque e il copione è sempre lo stesso: si parte al rallentatore, con mangiate che ci mettono anche un'ora o due prima di manifestarsi. L'acqua si riscalda di qualche frazione di grado col comparire del sole, l'appetito si risveglia e le carpe incominciano a piluccare l'esca. Da lì le prime catture, fino al pomeriggio inoltrato, talvolta anche durante il tramonto. Ne consegue che tutto non può essere lasciato al caso, dato che le ore di luce sono poche e quelle in cui il pesce è attivo ancor meno. La prima operazione da svolgere è sondare. Bisogna farlo al meglio, in modo preciso, dato che si pescherà a diretto contatto col fondo nella striscia d'acqua delimitata dal picchetto. Un segreto per non sbagliare è sondare il fondo con la lenza perpendicolare al vettino della roubasienne, anzichè armeggiare la canna ad innesti e lanciare la lenza in avanti, andando incontro ad una misurazione eccessiva. Inoltre, sempre per restare in tema di consigli, suggerisco di impiegare una sonda passante "a campana" da 15/25 grammi, in grado di sprofondare in fondali melmosi o ricoperti di foglie. Ci sarà utile capire, infatti, se è il caso di appoggiare l'esca in terra oppure no, evitando di farla sparire nel fango.
Pescare appoggiato, si o no? Pro e contro
Pescare appoggiato oppure ad un centimetro dal fondo è una scelta non indifferente. Dipende però dal tipo di fondale, dagli ostacoli sommersi, da foglie, erbe e quant'altro si può depositare nello strato più basso dell'acqua. Su fondali melmosi, purtridi, pieni di alghe, pescare appoggiato è sicuramente controproducente. L'esca non è ben visibile, si mimetizza, anzi rischia di essere nascosta, decretando un sonoro cappotto. Su fondali compatti, puliti, regolari, appoggiare il terminale di pochi centimetri, anche fino a 15/20 cm, può rivelarsi un trucco a nostro favore. Ricordate però una confessione che vi faccio dopo vari tentativi in carpodromo: dopo la pasturazione, contrariamente a quanto si crede, le carpe potrebbero radunarsi sotto la punta della canna anche in inverno; è probabile che si notino varie affondate del galleggiante, alcune costituite da reali mangiate, altre invece causate da sfregamenti involontari e codate dei pesci proprio sul tratto finale della piombatura o del terminale. Ecco una delle cause che portano a ferrate anomale su parti del corpo diverse dalla bocca, con conseguente rischio di perdita della preda e allontanamento del branco perchè spaventato. Pertanto, sì al pescare appoggiato, ma dopo le prime catture consiglierei di sfiorare l'esca sul fondo. È la scelta migliore, anche a costo di vedere meno affondate bensì reali e concrete.
Montature per la pesca invernale in carpodromo
Quando c'è da andare sul sottile, anche in contesti a pagamento come in carpodromo, pescare sottodimensionato non mi spaventa affatto. Preferisco vedere più mangiate (e perdere alcune prede oltre i carichi di rottura), piuttosto che restare ore in attesa di un pesce che forse non abboccherà mai. Ricordiamoci che pescheremo in presenza di ciprinidi particolarmente sospettosi, che mal sopporteranno i rumori, i vocii, i passaggi delle auto lungo gli argini del laghetto. Abboccheranno molto lentamente, con piluccate quasi impercettibili. In condizioni rigide, come quella del servizio fotografico (2 gradi al mattino, pioggia e 5 gradi di giorno con cielo variabile) è conveniente strutturare due lenze molto leggere: galleggiante da 0,10 grammi e 0,05 grammi, da impiegare su fondali di 1,5/2 metri al massimo. Possono sembrare tentativi estremi di farmi pubblicità ma non lo sono, credetemi. La decina di carpe catturate ne sono una testimonianza diretta. Partiamo dalla prima montatura, che si compone di un galleggiante da 0,10 grammi su trave del ø 0,11 su cui posizionare un pallino del n°13 quasi a ridosso delle due asole di connessione col terminale. A salire, dopo 15 centimetri, prevedo un piombino del n°12. Sempre a salire, dopo 20 centimetri, un bulk a scalare, composto da 4 piombini: 11-12-13 e 13. Il totale della piombatura è di 0,10 grammi e dovrebbe garantire la taratura cosiddetta "a bolla" o almeno permettere all'astina di fuoriuscire dall'acqua per 1 centimetro dirca. Ci tengo a precisarlo, perchè molto spesso i galleggianti sensibilissimi (e leggeri allo stesso tempo) non garantiscono una taratura perfetta, ma può esserci un minimo scarto di differenza. Concludo parlandovi del terminale, ovvero uno spezzone del ø 0,09, connesso attraverso un'asola e armato con un amo del n°22/24.
La seconda montatura è ancora più estrema nella leggerezza, dato che pescheremo con solo 0,05 grammi di piombo. Tuttavia, per ottenere un minimo di stabilità e di sensibilità allo stesso tempo, suggerisco di posizionare sul trave (un ø 0,10) un piombino del n°13, seguito a 10/15 cm da un bulk di 4 pallini del n.13. Il bulk avrà la funziona di stabilizzare, mentre il pallino sottostante si occuperà di rendere un po' più morbida la parte terminale. Quest'ultima è costituita da uno spezzone di massimo 25 centimetri dello 0,08 su cui annoderemo un amo del 24/26. Anche in questo caso penso che il galleggiante sarà tarato "a bolla", oppure potrebbe lasciare intravvedere un centimetro dell'asta. Tutto dipende dall'affidabilità della taratura e dalla qualità dei materiali.
Set up invernale: elastici, esche, pasturazione
Dopo tanti tecnicismi, passiamo agli elastici, parte integrante della roubasienne. Durante la stagione fredda, le carpe rallentano il metabolismo (come detto più volte) e conseguentemente sprigionano meno forza quando sono allamate. Elastici superiori allo 1,4 mm non sono più necessari, anzi si possono impiegare punte da bianco con elastici tra 1 mm e 1,2 mm. La prima soluzione è perfetta per pescare con lo 0,07/0,08 mentre la seconda per 0,08/0,09. Non sono un amante degli Strippa Kit per l'inverno, quindi lascerei a casa punte dotate di questo sistema. Resto invece della convinzione di allungare l'elastico al vettino (per chi ce l'ha), sottovetta e terzo pezzo, così da coprire almeno tre pezzi con l'elastico e offrire più leva alla punta da roubasienne nella fase di recupero della preda.
Ogni laghetto ha il suo regolamento ma solitamente, in inverno, i gestori sono molto più flessibili e lasciano pescare col bigattino sia per la pasturazione, sia per l'innesco. La larva di mosca vince sempre sul mais che, in inverno, non sembra avere lo stesso potenziale dell'estate. Due cagnotti a bandiera (perchè no... anche colorati - giallo, rosso, arancione), appuntati delicatamente sull'amo senza far uscire il siero della larva, sono un pasto proteico a cui nessuna carpa saprà resistere. Gli amanti della purezza estrema potranno anche optare per bigattino singolo appuntato per il dorso. Per ciò che concere il richiamo delle prede, si potrà sempre contare su una pasturarazione con bigattini sfusi, da depositare delicatamente con Pole Cup e cupping kit, oppure bigattini fiondati a 11,50/13 metri. Altrimenti, in voga tra i garisti, c'è altresì l'impiego dei bigattini incollati oppure del pellet. Per le larve incollate, oserei dire che forse c'è una reale necessità su alti fondali; per il pellet, invece, è sicuramente una buona idea ma fate attenzione: potrebbe stimolare l'appetito di qualche carpa dal peso non gestibile con una punta da bianco, col rischio concreto di rotture e perdita terminali.
Chiudo la carrelata di consigli e strategie dandovi un suggerimento sulla pasturazione. Duecento o trecento grammi di bigattini sono più che sufficienti per un'intera giornata. Più farà freddo e meno si pasturerà, ricordatelo. Siate parsimoniosi, non sprecate larve e non lanciatele un po' a casaccio nel tentativo disperato di avvicinare le carpe. Se i pesci dovessero abboccare immediatamente, continuate pure a pasturare ogni 3/5 minuti con una fiondata di una dozzina di larve. Manteneteli in attività, effettuate continui richiami con un "invitino" verso destra o in alto. Molte volte è proprio dopo la pasturazione, seguita da diversi accenni di un "invitino" che la carpa abbocca, dopo aver scrutato e seguito l'esca. Se non dovessero esserci riscontri, forzare la pasturazione potrebbe risolvere la situazione. Una volta allamato il primo pesce, riducete la frequenza nel lanci e proseguite in modo lento, oserei dire lentissimo con fiondate di bigattini anche ogni 10 minuti. Seguendo alla lettera tutti i consigli e vedrete che riuscirete a snodare quel terribile nodo gordiano che attanaglia molti pescatori che tentano di affrontare il carpodromo d'inverno, senza riuscirci.