A cefali con pan carrè e pastura al formaggio

Il cefalo è un pesce molto apprezzato dai pescatori per la sua innata sportività. Si tratta di un perciforme con corpo allungato, dalla possente muscolatura, con testa abbastanza pronunciata, labbra fini e delicate. Sono tante le specie che popolano i nostri mari come il cefalo comune, il bosega, lo schiumarolo ed il verzelata. Lo si trova uniformemente lungo le acque della nostra penisola, in particolare nei porti o lungo gli sbocchi di acqua dolce e nelle zone salmastre. E' un pesce eurialino, quindi ha la capacità di adattarsi alla presenza di acqua dolce senza particolari difficoltà. Non a caso molte catture sono riscontrabili anche a parecchi chilometri di distanza dalla foce dei fiumi. Si tratta di pesci che vivono su fondali rocciosi, fangosi e melmosi. Gli esemplari di minore taglia, come gli schiumaroli, raggiungono a fatica i 20cm di lunghezza, mentre quelli più corpulenti possono anche superare il chilo di peso. I periodi migliori per la pesca al cefalo sono la primavera, l'estate e l'autunno, quando la temperatura dell'acqua è sicuramente tiepida o calda. I mesi freddi sono sicuramente più complessi da affrontare, ma se l'impostazione della battuta di pesca segue alcuni concetti chiave (che illustreremo nell'articolo) il risultato finale verrà da sé.


Montature ed attrezzature per la pesca al cefalo

D'estate come d'inverno e nel resto dell'anno, la pesca al cefalo è praticata lungo le banchine portuali. Questo perchè la temperatura dell'acqua è sicuramente superiore rispetto a quella riscontrabile in mare aperto. Inoltre, piccoli ed ancora impuniti (spesso sono clandestini) scarichi di acqua dolce rilasciano in sospensione del cibo che alimenta l'appetito dei pesci. Poste queste basi, parliamo di attrezzi e montature. A seconda delle diverse condizioni di pesca ci saranno architetture da rispettare, che influiranno sui diametri dei monofili e la grandezza degli ami. Il terminale standard, in acque limpide e fredde, è lo 0,10 , in quanto il cefalo è sicuramente una preda sospettosa e per riuscire a sorprendere gli esemplari più grossi è necessario giocare “fino”. Alternative possibili sono lo 0,08 per gli schiumaroli o in condizioni davvero difficili, oppure l'utilizzo dello 0,12/0,14 qualora la taglia media dei pesci dovesse superare il chilo, cosa che mi auguro con tutto il cuore.

Ami e galleggianti per pescare il cefalo

La scelta degli ami deve seguire quella operata per i monofili. Useremo quelli a gambo lungo, con punta affilata e ben penetrante, in misura variabile tra il 14 ed il 18. Questi piccoli ma essenziali accorgimenti sono necessari perchè il cefalo è un pesce che ha l'abitudine di piluccare l'esca e di poggiarla sulle labbra prima di ingoiarla. Spesso accade che vi gironzola, aspettando che salga per poi succhiarla voracemente, ecco perchè capita di beccarne alcuni sul dorso, occhi o lungo il corpo. Per le piombature c'è veramente poco da dire perchè la regola è standard: leggero come una piuma... Mai così tanta poesia per un pesce dalle carni non proprio nobili. Andare “leggero” significa affidarsi a galleggianti sottili, da competizione, con un peso variabile tra 1 e 2 grammi, possibilmente a pera rovesciata o goccia. Naturalmente la piombatura che seguirà sarà raggruppata in un'unico punto, perchè al cefalo, detto chiaramente, l'esca piace ferma sul fondo. La torpille o il bulk con pallini singoli rappresentano un “must” da testare per chi ama il purismo più esasperato.


Tra il sacro e il profano: pesca al cefalo con la canna fissa e bolognese

In presenza di acqua chiara, fresca al primo mattino ed assenza di vento, sfoderiamo la nostra canna fissa, un attrezzo desueto, ormai dimenticato dal tempo. La telescopica ha sempre il suo fascino, regala quel combattimento corpo a corpo col pesce quasi fossimo agli albori della civiltà, riportandoci indietro nel tempo alla ricerca degli istinti primitivi. La lenza, in questo caso, avrà una lunghezza leggermente minore rispetto a quella della canna (solitamente una 7/8/9 metri), per facilitare le operazioni di salpaggio della preda, con conseguente rilascio. I vantaggi della canna fissa nella pesca al cefalo sono sicuramente molteplici: precisione chirurgica in fase di pesca, maggior contatto con la preda, utilizzo di lenze super-leggere e, soprattutto, maggior divertimento in fase di recupero. Le canne fisse da preferire saranno ad azione di punta, con cima in carbonio riportato. Chi ama i combattimenti alla “tira-e-molla” potrà invece dotarsi di attrezzi più morbidi, in grado comunque di contrastare le possenti fughe del cefalo. L'unico difetto riscontrabile è l'incapacità di raggiungere lunghe distanze, ovviamente dettato dalla inesistente riserva di filo, dato che non abbiniamo un mulinello. E' indicata, quindi, per la pesca nel sotto riva, dove il pesce è a portata di canna.


L' alternativa a questo metodo classico è la pesca al cefalo con la canna bolognese, un attrezzo di importazione dulciacquicola che si è ben adattato alle esigenze dei pescatori di mare. Praticare la tecnica emiliana richiede sicuramente un po' più di esperienza rispetto alla canna fissa. E' fuori discussione che questo metodo offra meno soddisfazioni in termini emotivi, ma se riflettiamo un attimo ci renderemo conto che è l'unico modo per poter tener testa ai muggini più grossi, dato che sono facilmente gestibili con l'ausilio della frizione e dell'antiritorno del mulinello. La bolognese, inoltre, regala una maggiore affidabilità del recupero, a parità di terminali sottili e, non in ultimo, concede chànce per raggiungere il pesce anche a distanze maggiori. Il mulinello da abbinare alla bolo con anelli sarà di dimensioni medio-piccole (l'ideale è il taglia 2500), così da bilanciare ottimamente la canna. In bobina consigliamo un buon 0,16 per condizioni universali, mentre i puristi potranno scendere anche allo 0,14 da congiungere con lo 0,10 in finale. Non vi sono differenze in merito ai galleggianti dato che gli stessi possono essere abbinati per l'una e l'altra tecnica. Ovviamente va individuato il range di azione dell'attrezzo, sicuramente più blando per una fissa e più rigido per la bolognese.


Esca per pescare il cefalo: pan carrè.

Il cefalo ama due nutrirsi di ciò che trova sul fondo come scarti di pesce, detriti, erba. La sua dieta non conosce confini anche se, per ingolosirlo, abbiamo a disposizione due assi nella manica: pane e polpa di sarda. Analizzeremo la prima opzione, esca principe, utilizzata sia nella pesca amatoriale che nelle competizioni. Il pane a treccia è quello più indicato ma un'ottima alternativa è rappresentata dal pan carrè (quello per tramezzini e toast), di facile acquisto e conservazione grazie alle sue confezioni richiudibili.

Come preparare il pan carrè 

L' operazione di preparazione del pan carrè segue alcuni semplici accorgimenti (nelle foto sono ricoperti i quattro passaggi salienti):

1) tagliare il bordo “cotto” con l'ausilio delle forbici
2) ammollare 4/5 fette in acqua
3) strizzare le fette con le mani o all'interno di un panno
4) mantenere il tutto all'interno del panno

L'innesco è semplicissimo. Dopo averlo strizzato, raccogliere alcuni fiocchi da infilare sull'amo quasi fossero batuffoli di ovatta. Occorre avere cura nella fase di lancio, vista la delicatezza dell'esca.


Pasturazione per la pesca al cefalo

La pastura o brumeggio è altresì un elemento fondamentale nella pesca al cefalo. Sia che lo si peschi d'estate o inverno, questo pesce risponde egregiamente alla pasturazione quando è effettuata con successo. L'insieme degli ingredienti necessaria per un buon composto è affidata a due elementi fondamentali come il pane ed il formaggio. Questi lavorano in contemporanea nella realizzazione del brumeggio che va poi rifinito con altri ingredienti a scelta del pescatore. Si può integrare con piccoli quantitativi di pasta di acciughe, sarde tritate, farina di pesce, semolino, latte in polvere o ricotta forte (come in foto). Sono elementi che donano quel “quid” in più al nostro sfarinato che inviterà il pesce a banchettare nella nostra aera operativa.


L' azione corretta di pasturazione prevede il lancio di tre o quattro palle grosse quanto un'arancia prima dell'inizio della nostra pescata. Una volta in attività lanceremo ad intervalli regolari palline sempre più piccole, in misura decrescente, grosse quanto un mandarino per finire con una noce. E' buona norma lanciare in acqua piccoli quantitativi di pastura anche durante la fase di recupero dei cefali, per evitare che il branco si insospettisca delle catture e prenda poi il largo, allontanandosi dal nostro spot.


Video di pesca al cefalo

Vi lasciamo suggerendovi la visione di questo simpatico video di pesca al cefalo, realizzato nel Novembre di tanti anni fa, presso il porto di Molfetta in provincia di Bari. Durante la battuta di pesca abbiamo seguito proprio i dettami consigliati in questo articolo e i risultati sono stati eccellenti, con una sessantina di catture tra cefali di piccola e media dimensione.

Marco de Biase

Marco de Biase

Direttore di Pescanet e di Pescare in Trentino. Classe 1983, vive da diversi anni nel Nord Italia occupandosi di marketing digitale. Dopo una lunga esperienza nelle acque pugliesi dell'Adriatico, frequenta da tempo gli spot del Trentino, Veneto e Lombardia. È un pescatore umile, sempre disposto a documentarsi e amante delle sfide. Comunica attraverso la scrittura, la fotografia e i social network seguiti da più di ventimila followers. È inoltre autore di due romanzi d'amore e pesca, oltre ad essere poliedrico collaboratore di riviste cartacee, aziende e blog di settore.

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