Roubasienne in laghetto d'inverno
Parliamoci in totale sincerità. Quando in inverno fa freddo e la colonnina del termometro scende sotto lo zero durante la notte, la pesca in acque libere diventa molto complessa. Cavedani e pighi potrebbero essere disposti ad abboccare ma, pensandoci, cosa c'è di male nell'approfittare del caro, comodo e pescoso laghetto vicino casa? Ammetto che molto spesso, tra dicembre e inizio marzo, sono solito alternare le uscite in libera con la bolognese a qualche pescata in laghetto, cimentandomi con la roubasienne. È proprio il caso della pescata che testimonia la realizzazione di questo articolo, avvenuta in una fredda domenica precedente al Natale, in cui di notte si erano toccati i -4°C e di giorno l'aria aveva lambito i 5 o forse i 6°C al sole, complice un'alta pressione sospinta da correnti gelide, provenienti dalle Alpi. La tentazione di una visita ad una struttura della bassa padovana aveva solleticato il mio appetito, portandomi quindi a visitare un piccolo specchio d'acqua popolato da ciprinidi, come carpe, carassi, tinche con la presenza anche di discreti pesci gatto. Una sfida più che interessante, considerando l'avversità atmosferica costituita dalla gelata notturna e dalla previsione di scarse mangiate di giorno (assolutamente difficili da interpretare).
Pesca invernale in laghetto con la roubasienne
Partiamo da un presupposto molto basilare. In estate molti dei laghetti sono impiegati come carpodromi a catch & release, con prede che arrivano a toccare anche i dieci chili. Durante la stagione fredda, la pesca in questi contesti diviene molto più raffinata e meno alla portata di tutti. L'interesse si sposta verso carassi e carpe di taglia moderata; inoltre si pesca col bigattino, si pastura con pellet, "pappetta" di mais o sempre con i bigattini, ma a ritmi decisamente meno frenetici rispetto all'estate. Inotre, per la propensione delle prede di posizionarsi sul fondo, l'esca non è più presentata a galla come in estate bensì a sfiorare il fondo oppure, extrema ratio, appoggiata. I pesci, infatti, tendono a stazionare lì, cibandosi di quello che offre il fondale, mettendosi con la testa verso il basso e le pinne verso l'alto. È molto difficile che il pesce modifichi le sue abitudini: potrebbe succedere in giornate in cui la temperatura si presenta più elevata del solito, quindi spinga le prede a muoversi negli strati superficiali ma... credetemi, si tratta di rare eccezioni tipiche di metà/fine marzo.
La canna più impiegata in contesti di questo tipo è la roubasienne. I motivi sono differenti ma vi elenco quegli più importanti: pescare sempre nello stesso punto, su una linea di pesca fissa, pari a 11,5 metri o 13; "guadagnarsi" il pesce con una tecnica sopraffina, che prevede lenze leggerissime e terminali capillari; silenziosità nella pasturazione con i cupping kit e con le Pole Cups che vanno innestate sui vettoni; miglior gestione della cattura attraverso l'elastico, che solitamente non scende sotto 1 millimetro e può essere esteso anche su 3 pezzi di punta, per combattere anche con prede inattese di taglia più che corpulenta.
Set up invernale per pescare in laghetto
Ci sono due teorie contrapposte per il adeguare il proprio set up ad una pescata invernale in laghetto. Si può essere tentate di ricorrere a galleggianti leggerissimi, montature delicate e finali sottili (impostazione del sottoscritto), oppure niente di tutto ciò. Per carità, non disprezzo galleggianti che vanno dai 0,30 ai 0,50 grammi e finali più robusti, con bannière anche esagerate per pescare fuori punta. Tuttavia, se la pescata è effettuata in solitaria o dall'altro lato del laghetto, mentre gli altri si sfidano una Pool e si vogliono vedere abboccate, scendere verso il limite dei carichi di rottura è una bella sfida, che genera molte soddisfazioni. Se consideriamo, infine, il contesto a pagamento, meglio vincere con un po' di difficoltà che ottenere una personale vittoria sulle prede con massima facilità. Detto questo, passiamo nel concreto dell'attrezzatura. Prima di tutto i galleggianti: 0,20 - 0,10 grammi per la maggior parte delle situazioni, mentre uno 0,05 grammi per le situazioni estreme tipo acqua chiara, pesci apparentemente inesistenti e alta pressione. Passando ai monofili, suggerirei di costruire i travi con del buon 0,12/0,10, mentre di impiegare finali dello 0,09/0,08 anche fluorocarbon o fluorine. Gli ami di cui dotarsi saranno microscopici, dal 20 al 24, sia a gambo lungo che corto.
Non potranno mancare i pallini spaccati del n° 10 (0,04 grammi) e del n° 11 (0,03 grammi) che risolveranno molti dei requisiti tecnici imposti dalla costruzione della montatura. Accessorio ormai indispensabile per la roubasienne è la coppetta da cupping kit, oppure per chi non dovesse possederla o preferisce un'alternativa, da alcuni anni sono disponibili anche le Pole Cup. Come detto prima, possono essere innestate nel vettone, caricate di bigattini e/o pellet, portate alla massima lunghezza della canna e svuotate, con la possibilità di rilascio della "pasturazione" nelle immediate vicinanze del galleggiante. Possono essere usate sia aperte (come faccio io) che chiuse con un apposito coperchio dal foro ristretto. Il vantaggio è nella mancata dispersione della pasturazione durante le fasi di allungamento della canna. Vibrazioni eccessive del rullo o un po' di inesperienza causerebbero un rilascio incontrollato, mentre col giusto coperchio si risolve ogni cosa.
Montature per la pesca invernale a roubasienne nei laghetti
Col tempo ho perfezionato due montature per la pesca invernale nei laghetti che avrei il piacere di condividere con voi. Vanno impiegate in ambienti con 1,5/2,5 metri di profondità. Su fondali più alti, tipici di cave o ex-laghetti da trote convertite a bianco, sarebbe il caso di usare altri stratagemmi, con montature più stabili, un po' più pesanti o raggruppate, che garantiscano anche un certo contrasto alle brezze. Ne parlo in altri articoli su Pescanet, mentre adesso concentriamoci su due lenze che uso nel settanta, anzi oserei dire l'ottanta per cento dei casi, quando affronto i laghetti della provincia di Padova e di Verona. La prima montatura è costituita da un galleggiantino di soli 0,10 grammi, a goccia o carota, montato su un trave dello 0,10 mm che presenta 2 pallini attaccati, del 10 e 11, seguiti a circa 20 centimetri da 1 pallino del n°11. La lenza è chiusa da un nodo o da una piccola asola su cui andrà innestato un terminale dello 0,08, pari ad altrettanti 20 centimetri. Questa è l'impostazione più raffinata, che assicura un dolcissima discesa dell'esca sul fondo, oltre ad una naturalezza non indifferente. È indicata per carassi difficili, sospettosi, che piluccano l'esca per più secondi e la sputano senza ingoiare.
Se stiamo pescando da soli e il pesce ci sembra curioso, può essere il caso di montare un'altra punta più robusta di quella da bianco e tentare una lenza leggermente più pesante, più statica e più raccolta. A tal scopo impiego un galleggiante affusolato ( Rizov 147 o Trabucco GNT Slim) che può garantirmi la visibilità anche di mangiate cosiddette "in rialzo". L' impianto pescante è costituito poi da un trave dello 0,12 su cui è posizionato bulk di 5 pallini del n°10 o di Preston Stotz, sempre del 10, distanziato a un centimetro dalla prima asola di connessione al terminale. Quest'ultimo avrà una lunghezza di 25 centimetri circa e sarà costituito da ottimo 0,08. Per entrambe le montature vale la regola del sondare a lambire il fondo. Non sono solito appoggiare il terminale, a meno che sia proprio richiesto dalle abitudini alimentari delle prede.
Trucchi e strategie per pesci sospettosi
Il regolamento invernale di molti laghetti consente di impiegare il bigattino non solo per la pasturazione, bensì anche per l'innesco. Anche il pellet è ammesso, oltre al mais ed al lombrico. Mentre il pellet può fare la differenza in ambienti in cui il pesce è abituato a cibarsene nei mesi freddi, il granturco e il lombrico portano solanto a risultati scarsi. Non metto in dubbio che vi siano le dovute eccezioni (lungi da me generalizzare), tuttavia ho assistito a diverse garette domenicali, tra gennaio e febbraio, durante le qualicui tali esche non erano affatto considerate. Un motivo ci sarà, non credete? Invece penso che un ciuffetto di bigattini, magari misto o con entrambe le larve colorate, sia un boccone succulento a cui nessun carassio potrà mai e poi mai restare indifferente. E se neanche così dovesse funzionare, anzichè appendere all'amo le consuete "50 Euro", tentate l'innesco singolo per il dorso della larva (proprio come in foto). Per ciò che concerne la pasturazione, potrà avvenire sempre con larve bianche, oppure dai colori misti, aggiunte a qualche pellet opportunamente bagnato. Siate parsimoniosi, evitate di liberare troppe larve e pellet. I pesci sono infreddoliti quanto noi, le funzioni vitali sono ridotte al minimo: con esse anche l'appetito e la capacità di combattere durante il recupero.
Se carassi e carpe dovessero rispondere da subito ad una lauta pasturazione (tipo una dozzina di bigattini e 5 pellet nella Pole Cup), seguita da altrettante fiondate, continuate diminuendo sia la frequenza (ogni 10 minuti), sia la quantità di larve/pellet (tipo 5/6 bigattini e 2/3 pellet). Altrimenti, se il pesce non dovesse mostrare interesse nè entrare in pesca, una o più fiondate abbondanti, al limite della capienza dello scodello, potrebbero destare curiosità ed essere risolutrici. Tuttavia, dopo la prima abboccata, impostate una frequenza lenta e continua. Aggiungo che in rete si potrà leggere anche di bigattini incollati oppure di "pappine" o "pappette" di mais. Secondo me, incollare i bigattini con la ghiaia è pressochè obbligatorio con alti fondali, tipo 3/5 metri. La pappina di mais è una soluzione che preferisco in autunno o in primavera, quando l'obiettivo è catturare le carpe e stuzzicarle, appunto, con una pasturazione a base di granoturco.
Concludo parlandovi dei galleggianti, croce e delizia per ogni pescatore. Le forme migliori sono quelle a carota, a goccia allungata e oliva, ognuna con pregi e difetti relativi a stabilità, trasmissione delle abboccate e visibilità. Tuttavia, più che un discorso di forma, un problema ricorrente anche per il sottoscritto è la visibilità. Impiego gli occhiali azzurri a specchio e polarizzati per contrastare i giochi di luce e i riflessi che spesso mi impediscono di vedere al meglio il segnalatore di abboccata, lontano anche 13 metri. Se ciò non dovesse bastarmi, effettuo anche piccoli ritocchi sull'astina del galleggiante: applico, infatti, uno strato di aggiuntivo vernice fluorescente. Oppure scelgo modelli con astine con diametro maggiore piuttosto che le classiche asticelle sottili e "alla francese", come le definivano i grandi campioni Emilio "Milo" Colombo e RIccardo Galigani. Meglio un'asta ben visibile o maggiorata, affogata quanto necessario, più che un piccolo puntino arancione di facile interpretazione. Se neache con questi accorgimenti dovessi riuscire a salvare la pescata, ho sempre con me un pennarello indelebile nero. Fidatevi, l'asticella nera ha sempre un suo perchè, anche nei pomeriggi d'inverno prima del tramonto, quando il cielo si spegne e i contrasti sull'acqua rendono impossibile scorgere astine gialle o arancioni.