Pesca a invito con la roubasienne

Le belle giornate dei mesi invernali sono ottimi momenti per andare a pesca. In tanti si riversano nei laghetti per la pesca a trota lago, mentre gli irriducibili della roubasienne provano la fortuna nei carpodromi. Le temperature che lambiscono i dieci gradi, il sole alto e l'assenza di vento, sono un richiamo irrefrenabile che spesso, però, spegne gli entusiasmi. Capita infatti di trovare tutte le condizioni adatte per una bel carniere ma c'è poco da fare: i carassi non collaborano, le carpe sono piantate sul fondo e il galleggiante non vuole proprio saperne di andare giù. Cosa fare? Pregare San Pei (perdonatemi la battuta) oppure impiegare qualche stratagemma rubato dai bravissimi garisti, che possono sicuramente asfaltare il sottoscritto. La soluzione è la seconda, quindi affidiamoci ai consigli dei più bravi con la roubasienne e scopriamo assieme un interessante metodo chiamato "pesca a invitino".

Imprimere dei movimenti all'esca in un contesto di acqua ferma è un insegnamento tratto dalla trota lago. Lo si fa con la punta della canna, col polso, girando il mulinello, generando movimenti sussultori. A qualche bravo pescatore è venuto in mente di applicare la stessa filosofia anche alla roubasienne. Ammetto che è stata una trovata interessante. Ne parlò nel 2001 Riccardo Galigani, in un articolo che ho riscoperto lo scorso anno sfogliando Pesca In, durante una sera di notevole solitudine causata dal lockdown forzato per via del Covid. Pandemia a parte, Galigani faceva notare che l'invitino era proprio ciò che occorreva nella pesca invernale per animare una lenza che si trova immersa in acqua ferma, dove le uniche trazioni possono avvenire o per forza del vento oppure per una corrente laterale, dovuta all'attivazione dell'impianto di ricircolo del laghetto stesso. Il lettore più svogliato potrebbe fermarsi qui, pensando di aver capito tutto. Magari fosse così! In realtà ci sono movimenti laterali e movimenti verticali da effettuare con la lunga canna ad innesti. Allo stesso tempo, vi sono relazioni molto strette tra la piombatura, la geometria e la trazione della lenza da parte del vettino. Non è solo questione di far scodinzolare l'esca per avere più mangiate: vanno impresse trazioni che genereranno spostamenti di lato e verso l'alto. Ad ognuno di essi dovrà corrispondere una costruzione della lenza più adatta a non smorzare le sollecitazioni. Una geometria idrodinamica a favore dell'esca, che non vanifica gli sforzi del pescatore, bensì che gli amplifica e genera interesse agli occhi o alla linea laterale del pesce.

Invitino con movimenti laterali per i carassi

Se siete arrivati su questo articolo sicuramente vi starete chiedendo come occorra comportarsi in inverno, quando le mangiate sono particolarmente rarefatte. Diciamo che si può operare con trascinamenti di tipo laterale ( verso destra o verso sinistra) oppure sempre verticali, dall'alto in basso. Non vanno provati a caso, bensì c'è una logica ben precisa da seguire, che deve corrispondere alla montatura più adatta. I carassi sono pesci che tendono a muoversi sul fondo. Durante il letargo nuotano ad un palmo da esso, alzando nuvole di fango con le pinne, scrutando con sospetto l'esca, talvolta al limite del paranoico. Quando sono sospettosi al limite, ingoiano i bigattini depositati sul fondo, poi li sputano, sbattono le pinne e lo rifanno ancora ed ancora. Non è fantascienza. Sono le confessioni di alcuni garisti che ho conosciuto durante le competizioni domenicali nella bassa padovana.

Ne sanno più del diavolo, al punto da avermi raccontato che il carassio fa tutto ciò come le savette: a testa bassa e coda alta, un comportamento tipico dei ciprinidi. E siccome con l'invitino occorrerà vincere la loro curiosità, ciò spiega perchè i movimenti da imprimere alla lenza dovranno essere laterali: trascinando il galleggiante e la montatura verso destra oppure verso sinistra, senza sollevare il tutto dall'acqua. Ripeto, trascinare... che è cosa ben diversa dal sollevare. La velocità del trascinamento non dovrà essere eccessiva: basterà muoversi lentamente, con piccole pause di una manciata di secondi, seguite ad altre trazioni. Per essere sicuri di non sbagliare c'è il trucco di osservare il corpo del galleggiante nei vari istanti dell'invitino laterale (o chiamiamolo pure "trattenuta"). Se questo resta immerso fino a metà del corpo, allora non c'è errore. Se invece oltre al corpo si intravede anche l'asta in metallo o in fibra, vuol dire che stiamo alzando troppo l'esca dal fondo, quindi stiamo esagerando. Fermiamoci e ripartiamo, lentamente, pena la non riuscita dell'invitino. L'abboccata arriverà tra un movimento e l'altro, con affondamento oppure con una spiombata segnata dal galleggiante che sale verso l'altro.

Invitino con sollevamenti verticali per le carpe

Pescando a galla, in estate, ho osservato concorrenti di garette amatoriali che alzavano e abbassavano la punta della canna favorendo spostamenti della lenza dall'alto verso il basso. Tali movimenti si riflettevano in modo naturale sull'esca. Diciamo quindi che, probabilmente, nella pesca a galla, l'invitino risultava essere molto semplice quanto scontato. Era l'unico, non c'erano sono varianti. Su e giù, su e giù... "randomicamente" o con un po' di continuità, ben ritmato e anche veloce. Attraverso la di pratica ho scoperto che l'invitino con sollevamenti verticali funziona anche in inverno, quando le avversarie del picchetto sono le carpe (altrimenti per i carassi si fa come detto nel paragrafo precedente). La conformazione della bocca è un primo fattore. Ma soprattutto, la tendenza di questi ciprinidi a muoversi a un palmo da esso, col corpo parallelo al fondale, con la testa e la pinna caudale raramente inclinate come fanno i cugini carassi è un fattore altrettanto determinante.

Detto ciò, viene naturale che le carpe siano attratte da esche che si alzano e si abbassano di continuo. Ovviamente, pescando con acque gelide e temperature non certo primaverili, i movimenti da effettuare necessiteranno un sollevamento lento, senza scossoni e rilasci improvvisi. Il trucco stavolta non è nel galleggiante, bensì nel rilascio: dovrà essere accompagnato nella posizione iniziale lasciando perdere la tensione della lenza. E se dovesse manifestarmi un improvvisa e inaspettata spiombata, il pescatore avrà il compito di ferrare. Potrà capitare, infatti, che la carpa si agganci proprio nell'istante in cui l'esca salga e scenda su nostre sollecitazioni.

montatura per pesca a invito con la roubasienne e spostamenti laterali

Montatura per invitino laterale

La disposizione del piombo deve essere diversa in caso di spostamenti da destra a sinistra o viceversa, rispetto al basso verso l'alto. Ne conseguono due montature che possono apparire come differenti ma, in realtà, hanno lo stesso concetto. Si parte con un amo molto piccolo, tipo del 22 o del 24, un terminale di 20 centimetri dello 0,10/0,09 congiunto con un filo madre dello 0,13/0,12. Immediatamente dopo il nodo di congiunzione si può applicare un piccolo piombino, seguito a distanza di 20 centimetri da un altro piombino e una torpille. Oppure, per gli amanti del bulk, si può realizzare un'unione di 7 diversi piombini, con i più grossi sotto e i più piccoli sopra. Per quanto riguarda le grammature destinate alla pesca invernale, sono solito pescare con galleggianti dai 0,30 ai 0,50 grammi. Inoltre, quando scelgo di pescare a invitino, monto i modelli che vedete in foto: presentano un'asta più lunga del normale, con una sezione colorata veramente ridotta, che consente di avvertire al meglio sia le spiombate, sia le mangiate più sospettose in assenza di vento.

montatura per pescare a invito con la roubasienne e con movimenti verticali

Montatura per invitino verticale

Quando la stimolazione dell'esca segue la trazione dal basso verso l'alto, secondo una logica verticale, bisogna strutturare la geometria della lenza in modo strategico. Suggerisco un amo che può avere dimensioni un po' più grandi, dovendoci confrontare con le carpe: un 20 a gambo corto, magari bronzato oppure nichelato, sopperisce al meglio le esigenze tra camuffabilità dell'innesco e resistenza al recupero. Il terminale, dello 0,10, sarà collegato al madre dello 0,13/0,14 con un nodino. Seguiranno poi 4 piombini distanziati di 10 centimetri l'uno dall'altro. Infine un bulk di 6 piombini, distante dai 15 ai 30 centimetri dall'ultimo pallino, completerà la montatura. Le misure dei piombi possono essere identiche, senza alcuna variazione tra il primo e l'ultimo. I galleggianti da impiegare saranno gli stessi consigliati prima. Vedrete sicuramente che, applicando alla lettera le mie indicazioni e tutti i suggerimenti dettati, catturerete qualche bell'esemplare di carassio, di carpa e perchè no, di pesce gatto, proprio come avvenuto a me. Oppure, in caso di un laghetto popolato da trote, non sarà raro l'incontro con qualche iridea aggressiva che non saprà sfuggire al richiamo di un bell'invitino magistralmente effettuato a roubasienne.

Marco de Biase

Marco de Biase

Direttore di Pescanet e di Pescare in Trentino. Classe 1983, vive da diversi anni nel Nord Italia occupandosi di marketing digitale. Dopo una lunga esperienza nelle acque pugliesi dell'Adriatico, frequenta da tempo gli spot del Trentino, Veneto e Lombardia. È un pescatore umile, sempre disposto a documentarsi e amante delle sfide. Comunica attraverso la scrittura, la fotografia e i social network seguiti da più di ventimila followers. È inoltre autore di due romanzi d'amore e pesca, oltre ad essere poliedrico collaboratore di riviste cartacee, aziende e blog di settore.

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