Aguglie con bolognese e pasturello

Il pesce lo si cerca a fondo, punto e non si discute. Questo è stato uno dei primi dogmi appresi avvicinandomi all’agonismo nel settore canna da riva. Partecipando a diverse competizioni a livello provinciale e dilettantistico ne ho avuto la conferma: chi pescava sul fondo, sia con la tecnica del lancetto o a galleggiante, riscuoteva successo. Come in tutte le cose, c’è sempre l’eccezione che conferma la regola. In alcuni casi, queste verità imposte si sono frantumate come castelli di sabbia e chi pescava a mezz’acqua, vuoi per il fato, vuoi per tentativi, coglieva la sorpresa e cioè l'aguglia, il jolly da vittoria. E’ capitato a tutti noi di chiederci il perché di queste sorprese inaspettate. Cosa si cela dietro le catture vincenti delle aguglie? Casualità? Fortuna? Tecnica? Analizzando il comportamento dei pesci in un acquario marino di media dimensione noteremo che non sempre il pesce è attivo sul fondo. Per buona parte del suo tempo ne è a stretto contatto, cercando cibo tra i detriti, ma in alcuni momenti tende a salire verso la superficie, posizionandosi a mezz’acqua, regalando qualche guizzo di attività dovuto all’appetito crescente. Lo stesso accade in mare, sia dalla scogliera che lungo le banchine. E’ una normale condotta che nega la staticità delle specie marine. Pesci come le aguglie non sono amanti della profondità e spesso mostrano le loro preferenze nuotando a mezz’acqua o nelle immediate vicinanze della superficie, alla ricerca di un pranzo in sospensione. E’ in quest’ottica che dobbiamo concentrare le nostre lenze, con la convinzione che se il pesce non mangia sul fondo allora è lì, a pelo. La pesca di questi piccoli "pesci spada" è possibile tutto l'anno, come testimoniato dagli scatti del sottoscritto immortalato in estate ed in pieno inverno, con prede di tutto rispetto.



Pesca all'aguglia con la bolognese

L’approccio all'aguglia è compatibile con due delle più classiche tecniche ricorrenti in scogliera: bolognese e inglese. Partiamo dalla tecnica di origini emiliane, che negli anni ha trovato una larga applicazione in mare. Pescare a mezz'acqua richiede una canna non particolarmente lunga, all'uopo sono le piccole 5 metri e le comode 6. Si opera solitamente su altezze pari a 2,5/4 metri, sia che l'area prescelta appartenga al bacino portuale che dalla scogliera. L'azione di questi attrezzi potrà essere parabolica o rigida, non è particolarmente rilevante ai fini della costruzione della lenza, conta possedere attrezzi affidabili, in quanto le prede che potremo agganciare richiederanno un certo impegno in termini di mezzi. Giunti sul campo di battaglia dobbiamo effettuare un'azione di primaria importanza. Sondare il fondale ci rende consapevoli dell'altezza da impostare sulla lenza. Qualora la profondità dovesse superare la lunghezza della canna, niente paura! Pescheremo sfruttando l’ampiezza della nostra bolognese, certi di operare a metà strada tra gli strati superficiali e quelli inferiori. Il secondo step da compiere è pasturare. Per giungere con precisione chirurgica lungo la nostra montatura, consiglio due metodi di pasturazione molto efficienti. Il primo consiste nel lanciare piccole quantità (costanti) di bigattini con l’ausilio di una fionda dotata di scodellino a forma di cono. Una decina di larve può bastare, meglio non esagerare, altrimenti rischiamo di portarne sul fondo in quantità. L'alternativa al cagnotto ci è offerta dall'immancabile pellet, un vero e proprio must nella nostra borsetta. I pellets hanno un peso specifico minore del bigattino, quindi tendono a galleggiare, specie quando sono totalmente asciutti. Per farli scendere con facilità, evitando che rimangano dispersi solo nei primi centimetri d'acqua, bisogna inumidirli con un nebulizzatore, utilizzando dell'acqua di mare raccolta sul posto. L'acqua dolce può andare comunque bene, ma l'ideale è quella reperita in loco, per ragioni squisitamente chimiche. La terza alternativa è data dalla pastura a base di sarde tritate, reperibile in commercio anche già bagnata, dal colore scuro, con un olezzo da far paura, capace di una meccanica incredibile. Un esempio ve lo mostriamo in foto.



Ora è il momento di aspettare. Fin qui, nessuno ci mette fretta, il bello è proprio nell'attesa. Corteggiare le nostre prede non nuoce, invitarle a pranzo è l'obiettivo primario. Dopo aver lanciato a 20/25 metri da riva, diamo inizio ad una pesca in movimento, distanziandoci di qualche metro, lancio dopo lancio, ritornando però sempre nelle stesse posizioni. A tal scopo il pescatore dovrà esser pronto ad aprire la propria mente, tentando con pazienza le diverse opportunità che Poseidone ci offre. Innanzitutto, effettuare una piccola trattenuta della lenza, magari impostando dei brevi movimenti laterali, con moto sussultorio, lasciando andare il galleggiante verso il senso della corrente. In secondo luogo, regolare l'altezza del galleggiante (in foto vi è un esempio da noi consigliato) di 50/100 cm a seconda della mangianza. In un primo momento potremmo avere fugaci abboccate di aguglie ed occhiate di taglia discreta, accompagnate da simpatici sgombri, segno che la montatura sta funzionando. Improvvisamente non si avverte più nulla, come se la nostra esca avesse perso efficacia. L'istinto impone un cambio di strategia. Se si pesca bassi, allunghiamo il raggio d'azione, distanziando maggiormente il galleggiante dall'amo, evitando di raggiungere il fondo. Se si è alti, il contrario. Qualcosa cambierà di sicuro, ed è proprio in questi contesti che scatta la scintilla che stravolge una mattinata di relax.



Montature per la pesca alle aguglie con la bolognese 

Su un monofilo madre dello 0,16/0,18, faremo scorrere un galleggiante da 3 grammi a forma di goccia o tendenzialmente tozza, distanziandolo di due metri da due pallini spaccati da 1,5gr ciascuno. Infine una girella ed un terminale di 120cm dello 0,12 , armato di un amo del 12 a gambo lungo, ideale per l'innesco di un ciuffo di bigattini, scampi o un'esca biancastra. Si tratta di una lenza alquanto semplice, che permette una rapidissima discesa dell'esca. Ideale per una pesca in movimento, come indicata nel testo.



Aguglie all'inglese e pasturello

L' english style applicato alle acque marittime è il frutto di un'esperimento condotto circa trent'anni fa, quando la tecnica anglosassone fu importata in Italia, riscuotendo tanto successo. L'evoluzione agonistica ha poi diffuso anche tra i comuni pescatori questo metodo semplice e funzionale per pescare a mezz'acqua con poco piombo sulla lenza, ad altezze variabili. Da anni sono nati i pasturelli (a marchio Colmic, Vincent, Ignesti, ecc), davvero micidiali per la pesca all'aguglia, che pasturano proprio nella zona di pesca, senza che il pescatore intervenga con la fionda. Per dare inizio all'avventura, ci doteremo di una tre pezzi (una telescopica è comunque ottima) lunga 4,5 metri con azione 5/25 gr. Un attrezzo del genere è abbastanza potente per contrastare le fughe di pesci di una certa mole, facendosi apprezzare anche per le capacità di lancio non indifferenti. Diversamente da ciò che impone la classica pesca all'inglese, il metodo che vi descriveremo non richiede l'ausilio di galleggianti di tipo straight o bodied , ma dei pasturelli (in foto vi è un particolare), dal peso variabile tra i 4+2 e 8+2 gr ma vanno bene anche modelli differenti. La sfera galleggiante che spesso si trova a ridosso del pasturatore esercita meno resistenza al moto ondoso rispetto ai classici galleggianti inglesi, inoltre permette di raggruppare il peso e la portata del galleggiante in una superficie veramente ridotta, grande quanto una noce (o quasi). Diversamente dalla bolognese, possiamo essere statici, senza doverci muovere dal nostro panchetto. Le maggiori distanze raggiungibili con l'inglese ci permettono di esplorare spazi notevoli, anche oltre i 20 metri, utili specie in condizioni di scaduta o con mare leggermente mosso e vento moderato, pericoloso ostacolo per le lunghe telescopiche.

pasturello vincent per pesca all'inglese

Completiamo la taratura del galleggiante con tre pallini e colleghiamo uno spezzone di terminale lungo 150 centimetri di 0,12/0,14, su un amo del 12 a gambo corto. Uno svolazzo così vistoso rende fluttuanti le nostre esche, a scelta tra il gambero vivo, sarda, pezzi di verme coreano o bigattini a ciuffo (come in foto). Concludo questo articolo con l'auspicio di aver descritto al meglio il mix di tecniche dedicate alla pesca all'aguglia dalla scogliera. L'esperienza di un pesce così combattivo dev'essere bagaglio del pescatore. Noi abbiamo aperto la valigia, svelando i nostri segreti. Ora spetta a voi farne tesoro!

Marco de Biase

Marco de Biase

Direttore di Pescanet e di Pescare in Trentino. Classe 1983, vive da diversi anni nel Nord Italia occupandosi di marketing digitale. Dopo una lunga esperienza nelle acque pugliesi dell'Adriatico, frequenta da tempo gli spot del Trentino, Veneto e Lombardia. È un pescatore umile, sempre disposto a documentarsi e amante delle sfide. Comunica attraverso la scrittura, la fotografia e i social network seguiti da più di ventimila followers. È inoltre autore di due romanzi d'amore e pesca, oltre ad essere poliedrico collaboratore di riviste cartacee, aziende e blog di settore.

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