Pesca alla passata in foce con la bolognese

Quando fuori fa freddo e non si va a pesca per diversi giorni, la voglia di catturare un bel pesce ci porta a voler sperimentare il tutto e per tutto. C'è poco da fare: il Generale Inverno bussa alle porte e ci offre basse temperature, condite da nebbia e vaste gelate sui campi. Vicini o lontani dal mare, almeno per il Centro-Nord Italia, questo cambia poco. Anche a pochi passi dall'Adriatico o dal Tirreno, effetto mitigatore delle correnti del Mediterraneo non riesce a scacciare lo zero termico. Forse al Sud Italia, tra Puglia, Calabria e Sicilia, visto il surriscaldamento dei mari, ciò non accade, ecco perché ormai si pescano cefali e spigole tutto l'anno, anche tra gennaio e febbraio. C'è da dire, però, che quando la condizioni della pesca diventano estreme, c'è un habitat spesso non considerato a dovere, che lascia spazio ad alcune uscite favorevoli. Sto parlando delle foci dei fiumi o dei canali. Esse restano, durante i momenti più tristi dal punto di vista meteo, uno spot da non non sottovalutare, anzi da scoprire. Cerchiamo di capire le motivazioni e spieghiamo anche come affrontarle.

 

La pesca in foce

La foce non è altro che la naturale prosecuzione di un corso d'acqua al termine del suo cammino. Dalla montagna o dalla pianura, un canale, un torrente o un fiume, prosegue attraversando varie pendenze e arriva a gettare le sue acque in mare, lago o in un fiume. La foce per eccellenza è l'unione tra il dolce e il salato. Ci sono vari tipi di foce: quelle che si estendono per centinaia di metri, se non chilometri (vedi quella del Po' per esempio) e altre che hanno un'ampiezza ridotta, anche meno di cinquanta metri. Sono spot da frequentare non solo in estate, bensì in inverno, perchè la particolare morfologia offre un "porto" sicuro per tante specie marine, cefali in primis. Questi, assieme a cheppie, spigole e orate, sono pesci eurialini, ovvero capaci di adattarsi a livelli di salinità dell'acqua molto esigui. Possono spostarsi dal mare, entrare nel punto di unione tra acqua dolce e salata (la foce appunto) e salire controcorrente anche per chilometri, in punti più riparati da venti freddi di tramontana e correnti impetuose. La foce quindi si configura come un habitat molto particolare, densamente popolato d'inverno, decisamente affascinante. Può essere affrontata a bolognese con la tecnica della passata, mantenendo il galleggiante in trattenuta. A patto che si rispetti la legge: necessaria la licenza di tipo B, sempre e comunque, in caso di foce con sbocco acqua dolce (non necessaria se si tratta di foce artificiale tipo un porto canale).

trattenuta del galleggiante nella pesca a passata con la bolognese pesca in foce con la bolognese

Pesca alla passata in foce con la bolognese

La pesca alla passata è quella che probabilmente concilia meglio l'esigenza di presentare l'esca nel modo più naturale possibile. La foce, infatti, è uno spot in cui c'è un movimento costante della massa d'acqua, da monte a valle. Detriti di tutti i tipi (anche di tipo alimentare) vengono trasportati verso il mare e i pesci si abituano a questa sorta di "pasturazione" naturale. Ecco che pescare con un galleggiante che si muove nel senso della corrente e lo si trattiene per stimolare il pesce all'abboccata è una scelta vincente. Occorre dare una certa dinamicità all'esca, rendendola simile ad un boccone che nuota nella corrente, come se cadesse miracolosamente dal cielo. Bisogna quindi abituarsi all'impiego di canne bolognesi in alto modulo di 6 o 7 metri ad azione medio-rigida, armate con mulinelli di taglia 3.000/4.000. Questi attrezzi, con più di cinque cuscinetti a sfera e corpi in leghe leggere, dovranno ospitare in bobina ottimi monofili dello 0,14, talvolta dello 0,12 se le circostanze lo richiederanno. Nei mesi più freddi e in primavera, quando le acque sono piuttosto cristalline, sarà necessario pescare di fino e il ricorso ai terminali dello 0,10 o 0,08 in fluorocabon non sarà così remoto. Si pescherà sicuramente in piedi, con il tappo della canna appoggiato sull'inguine e la cima rivolta verso l'alto per garantire una buona trattenuta: accorgimento tecnico fondamentale, sul quale occorrerà perfezionarsi, sia per ottenere più mangiate, sia per gestire al meglio la corrente.

 galleggianti per pesca alla passata in foce

Montature e galleggianti per la passata

Pescare in foce richiede una certa consapevolezza nell'uso dei galleggianti e delle montature. Leggere la corrente sarà il primo passo una volta giunti in loco. Acqua ferma o immobile? Acqua che corre a più non posso? Come comportarsi? La risposta è semplice: adattarsi! In caso di acqua che si muove lentamente, in modo quasi impercettibile, suggerisco galleggianti a carota con deriva in carbonio dal peso di 1/1,5 grammi o galleggianti a goccia da 2/3 grammi al massimo. La forma a carota (o pera rovesciata) ha un baricentro meno sbilanciato e offre un maggior controllo della trattenuta. In caso di acqua che scorre in modo regolare, ma non troppo accentuata, mi sento di consigliare galleggianti a carota da 2-4 grammi oppure a goccia da 4-6 grammi. Se l'acqua dovesse camminare e portare l'esca al guinzaglio, passate direttamente su galleggianti a carota da 6 grammi fino a 10/12 grammi. Casi limite, insomma, delle foci del Nord Est Italia dove le notevoli escursioni di marea costringono a impostare trattenute veramente complesse su impianti di montature abbastanza pesanti.

pesca alla passata con la bolognese in foce

Una montatura standardizzata per la pesca alla passata è costituita da un terminale lungo un po' più di una spanna, direi 25/30 centimetri al massimo. Può essere legato al trave attraverso un'asola, un nodo, un sistema No Nodo Stonfo oppure con una micro-girella. A partire dalla congiunzione segue una corona di piombini in 60/70 centimetri di filo. La disposizione sarà più ampia sotto e più stretta sopra, con un bulk finale. I piombini potranno essere di pari dimensione oppure crescenti nel diametro e nel peso, partendo dal basso verso l'alto. Per piombature di peso esiguo, tipo 1 o 2 grammi ho l'abitudine di strutturare la lenza con piombini dello stesso calibro (piombini del 7 - 0,09 grammi). Quando invece adopero montature di 4/6 grammi cerco di scalare con i pallini, proprio come nella figura (piombini del 9 fino al 3 - 0,05 grammi a 0,22 grammi). Occorre solo lavorare con la matematica e tarare al meglio il galleggiante, scegliendo calibri e misure differenti.

innesco della tremolina cefalo pescato a bolognese

Cefali e tremolina: divertimento assicurato

Dopo e durante una mareggiata, i cefali e altri pesci eurialini trovano ristoro nei tratti più protetti della foce. I fondali sono solitamente limacciosi, fangosi, con qualche elemento di ghiaia o pietre più grossolane sulle sponde. Qui proliferano microrganismi, mitili, erbe e altre forme di cibo per i nostri amici pinnuti. La tremolina o il verme coreano (di piccole dimensioni) sposano perfettamente la dieta degli eurialini. Ne vanno pazzi, anzi sono letteralmente ghiotti. Non a caso, quando i pesci si muovono liberamente lungo le sponde, basta pescare con la tremolina e non c'è neanche bisogno di pasturare. Dico davvero, questione di minuti e il gioco è fatto! Se così non dovesse essere e doveste riscontrare poca attrattività dell'innesco, pasturate a monte del lancio del galleggiante con dello sfarinato al formaggio. Attendete qualche passata e restate in allarme. Prima o poi, sulla passata più esasperata, avvertirete una tocca quasi impercettibile. Ecco, il cefalo è arrivato... Strike, pesce in canna! Per ottenere più probabilità di catture, innescate il verme su un amo a gambo lungo (tipo il 120N di Gamakatsu, il 120XN di Trabucco, il Serie 2 di Tubertini) e lasciate un po' penzolare la coda. Donerà più vitalità all'esca e una maggiore naturalezza.

muggine catturato pescando a passata nassa piena di muggini

Strategie per la pesca in foce con la bolognese

Affrontare la foce senza conoscere le tavole di marea è un vero e proprio suicidio tecnico. Una strategia vincente è quella di pescare alla passata durante i "morti d'acqua" o in fase di marea crescente, nelle due ore precedenti al picco e nell'ora successiva ad esso. Alta marea vuol dire corrente limitata, corsa del galleggiante poco accentuata con più facilità nello stare in pesca con un'adeguata trattenuta. Specie nell'Alto Adriatico, le maree sono un fattore assolutamente determinante quanto le fasi lunari. Andrebbero studiate bene prima di fare chilometri a vuoto. Un'altra strategia che mi piacerebbe condividere è legata alla misurazione della temperatura dell'acqua: col tempo ho notato che la maggiore attività delle prede è legata a flussi di correnti calde. Se la foce è incontro tra la gelida acqua di risucchio proveniente dal mare e il tiepido flusso originato da canali artificiali, o fiumi di risorgiva (Lemene, Sile, ecc.), sarà molto probabile trovare branchi di muggini in piena attività anche col freddo intenso. Pare proprio che non soffrano le rigide temperature invernali, bensì mantengano un metabolismo accelerato che li rende aggressivi, talvolta famelici. Infine un'ultima, ma non meno importante, chicca strategica è nella sondatura del fondale. Non sempre l'ambiente fluviale è composto da fondali che degradano dolcemente. A volte bisognerà sondare in più punti e decidere dove effettuare la passata. La presenza di alghe sommerse, avvallamenti, talvolta anche rifiuti o rami provenienti da valle, può costituire un'occasione di incaglio, tale da disturbare pesantemente la trattenuta.

Marco de Biase

Marco de Biase

Direttore di Pescanet e di Pescare in Trentino. Classe 1983, vive da diversi anni nel Nord Italia occupandosi di marketing digitale. Dopo una lunga esperienza nelle acque pugliesi dell'Adriatico, frequenta da tempo gli spot del Trentino, Veneto e Lombardia. È un pescatore umile, sempre disposto a documentarsi e amante delle sfide. Comunica attraverso la scrittura, la fotografia e i social network seguiti da più di ventimila followers. È inoltre autore di due romanzi d'amore e pesca, oltre ad essere poliedrico collaboratore di riviste cartacee, aziende e blog di settore.

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