184 pesci a canna fissa? Certo, si può.

Quando il gioco si fa duro, i duri iniziano a giocare. Io sono un duro, mi piace autoproclamarmi un duro perchè quando c'è aria di sfida cerco sempre di presentarmi all'appuntamento con l'auto luccicante, il vestito stirato, la camicia ornata da una cravatta e la scarpa firmata. Facciamo i seri per una volta... cosa voglio dire? La mia è una metafora. Durante l'ultima domenica di settembre, complice la splendida giornata dai tepori autunnali, ho impostato la battuta di pesca old style per una riscoperta interiore dei valori della natura. Canna fissa da competizione, una performante Tubertini KF-121 del 2004 che ha castigato numerosi cefali ed altrettante scardole lacustri; una buona pastura da carassio (ed anche minutaglia), bigattini, mais e tanta, tanta voglia di fare incetta di pesce.


Storia di un successo

Tutto è nato da una simpatica sfida col Pescanet Team al Lago di San Giuliano, dal lato di Miglionico. Chi arriva ultimo paga il drink al ritorno. Caspita, devo darmi da fare! L'agguerrito Leofishing sfodera l'inglesina dal pelo scuro, con un paio di curve non indifferenti ed una verve caratteriale da purosangue londinese. Traduzione tecnica: Daiwa Tournament da 3,90m con azione 2-16 in coppia con uno Shimano Stradic 2500 dal filo affondante Browning. Il Bidumba, matto scardolatore purosangue, preferisce le donne italiane, con curve meno pronunciate ma di altrettanto stile purista. Per lui c'è una bolognese Maver Spectrum, un mulinello Mitchell Pro ed un galleggiantino Tubertini da 1 grammo con iperspallinata. E poi ci sono io. Le attrezzature le conoscete già, la canna fissa è proprio la mia preferita perchè regala notevoli emozioni rispetto alla bolognese o alla roubaisienne da bianco.

Pesca con la canna fissa

La preferisco per la sua velocità in pesca, capace di regalare un tira e molla insperato dopo mesi di letargo estivo, durante i quali era davvero impossibile andare a pesca nelle acque interne. L'azione delle Tubertini non è affatto malvagia, anzi è dosata in modo perfetto sia per la cattura di piccole alborelle, scardole e discrete brèmes. Qualora dovesse capitare una carpa possiamo stare tranquilli, sia il grezzo che il vettino riportato sono decisamente capaci di reggere lo stress imposto dalla mole del pesce. Chi possiede un panchetto di nuova generazione è sicuramente avvantaggiato. Le bars della Preston (o altri modelli imitativi) sorreggono meravigliosamente la canna che va poi appoggiata nella fessura del sedile, sotto le nostre gambe. Chi desidera tornare alle origini dei primi anni '90, quando ero ancora bambino, può appoggiare l'attrezzo al portacanna laterale durante le pause e tenerlo sotto il braccio quando siamo in azione.


Pasture ed esche per pescare con la canna fissa

Per vincere la battaglia occorre affinare sempre più le armi. Nel bagaglio nucleare ho sempre la Tubertini Fondo Big e la Carassio Special. La prima la utilizzo quando sono certo di carpe dalla pezzatura pari al chilo, amiche dei carassi da 300/400 grammi. Nel caso opposto, con tanto scardolame misto a brèmes, preferisco tirar fuori la Carassio Special. Questa pastura ha meno potere legante della Fondo Big, il colore è fortemente giallognolo e si adatta molto bene per l'aggiunta di mais e bigattini. Personalmente preferisco amalgamarla all'esca prima della bagnatura anche se è un'operazione non molto comune all'agonismo. Mi piace fare così, mi trovo meglio. tre o quattro palle di pastura sono la dose ideale per entrare in pesca, da lanciarsi con almeno 10 minuti di anticipo. La pasturazione pesante è volta alla creazione di un tappeto che si dissolverà nel tempo, attirando quanto più pesce possibile. Gli sfarinati a grana sottile hanno la capacità di generare un richiamo istantaneo, quelli con una grana più grossa sono più lenti ma lavorano per il pesce di dimensioni maggiori come carpe e carassi. Le esche da sperimentare sono tante: mais, mais colorato, bigattino, piselli. Il mais ed i piselli sono decisamente selettivi, è molto raro ferrare il pescetto. Col bigattino vinciamo in velocità perchè anche la preda più piccola è capace di ingoiarlo, restando allamata per mezzo dell'affilato ardiglione.


La montatura per pescare con la canna fissa

C'è poco da dire: la montatura deve essere veloce, rigida, senza scampo. Ci viene incontro la torpille che tara perfettamente il galleggiante all'incirca di 2 grammi o 1,50 , a seconda delle scelte personali. Io preferisco di gran lunga i modelli a goccia, molto stabili e resistenti alle correnti laterali che spingono il galleggiante oltre la bannière (filo "morto" tra la punta del vettino ed il galleggiante). Il terminale, uno spezzone di 30 cm, è costituito da uno 0,12 fluorocarbon armato da un 16 gamakatsu modello 6315. Possiamo scendere anche a terminali più sottili, il vettino in carbonio riportato ha la dote di resistere agli strappi violenti dei pesci più grossi, ammortizzando notevolmente le improvvise fughe.


Un pesce dopo l'altro! 

La strategia da adottare è quella del bombardamento continuo e costante di pastura, bigattini e mais. La regola che seguo è quella dei 5 minuti, cioè conto i minuti di pesca ed a intervalli regolari provvedo al lancio delle granaglie, mentre per la pastura aspetto 10/15 minuti. In totale, se dovessimo contarle, lanceremmo dalle 12 alle 20 palle di pastura, il quantitativo di 1-1,5 kg. La canna va appoggiata sulla gamba o nell'apposito foro del panchetto sotto i glutei, quasi fosse una roubaisienne. Molti dei pesci capiteranno senza esitazione, dobbiamo concentrarci nella slamatura da farsi in velocità, spesso senza l'ausilio dello slamatore perchè l'amo andrà a conficcarsi nell'apparato boccale.


Conclusioni

Abbiamo mostrato una tecnica molto diversa da quelle finora viste nel portale, d'impostazione agonistica che va contro il pizza e fichi della pescata domenicale. Quelli appena visti sono i concetti fondamentali che compongono la rosa della canna fissa. Un ulteriore approfondimento migliorativo può avvenire in carpodromo con pesci più grossi, magari non troppo smaliziati, che aiutino il pescatore nel formarsi in una disciplina antica dimenticata nel tempo a favore della roubaisienne.

Marco de Biase

Marco de Biase

Direttore di Pescanet e di Pescare in Trentino. Classe 1983, vive da diversi anni nel Nord Italia occupandosi di marketing digitale. Dopo una lunga esperienza nelle acque pugliesi dell'Adriatico, frequenta da tempo gli spot del Trentino, Veneto e Lombardia. È un pescatore umile, sempre disposto a documentarsi e amante delle sfide. Comunica attraverso la scrittura, la fotografia e i social network seguiti da più di ventimila followers. È inoltre autore di due romanzi d'amore e pesca, oltre ad essere poliedrico collaboratore di riviste cartacee, aziende e blog di settore.

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