Crisi della pesca sportiva

Tutto è cominciato una decina di giorni fa. Scrivo queste righe mentre mi ritrovo nel pieno dell' autunno 2022: un mese piuttosto caldo, non solo dal punto di vista meteorologico, con una serie di pensieri quotidiani che spaziano tra crisi energetica, aumento del costo della vita, inflazione che erode i risparmi, la guerra in Ucraina e lo spauracchio della guerra nucleare. Il Covid sembra ormai dimenticato ma in realtà continua ad imperversare. Siamo noi ad esserci abituati ad un nemico invisibile che continua a mietere vittime (due amici di pesca morti a causa del Coronavirus - n.d.r.) e a fare ammalare gente, seppur con sintomi sempre più lievi. Tornando all'incipit della mia riflessione,  alcuni giorni fa ho fatto visita in uno dei negozi che a Padova rappresentano un punto di riferimento storico a cui affidarmi. Poco dopo aver acquistato dei monofili, una scatola di torpille e due scatole di vermi, siamo rimasti a parlare dell'andamento del negozio, degli introiti durante il periodo estivo e di quello che si prospetta per il prossimo inverno. Ermenegildo (nome di fantasia) mi ha raccontato delle enormi difficoltà che sta vivendo in questo periodo per via dell' aumento dei costi fissi ( elettricità in primis - trasporti e costo generale dei prodotti), dovuto a problematiche inflattive, miste ad una carenza di spesa da parte degli dei clienti

Crisi della Pesca Sportiva, rivista Pesca In Mare del Maggio 1999

Al tempo stesso, tra me e Ermenegildo non è mancata l'occasione per riflettere sul passato. Un passato che spesso, nei racconti di molti negozianti, ho scoperto essere stato glorioso, fatto di grandi affari e di notevoli introiti. Probabilmente perché quello che ricordiamo degli anni trascorsi mantiene una patina di nostalgia, mista a serenità e felicità. Sia la gente, sia la mente, tende a dimenticare quelli che erano i problemi del tempo (i problemi sono sempre esistiti - sia nei fantastici anni '80, sia oggi). Si proteggono, insomma, i ricordi "belli" e automaticamente si cercano di mandare nell'oblio i momenti più cupi. Tornato a casa, mi sono posto diverse domande. Mi sono chiesto: è proprio vero che negli anni '80 e '90 si facevano "tanti affari"? È proprio vero che le acque erano così ricche di pesce e che la pesca in acque dolci e in mare era al massimo della sua espansione?  Oppure anche in quegli anni sulle riviste di settore si parlava di crisi della pesca sportiva? È forse quel dannato processo mentale a farci ricordare il passato così bello e glorioso, mentre in realtà, anche nei miracolosi anni 80 e anni 90, si avvertiva un generale declino della nostra passione, a causa di problematiche che affondavano le radici proprio in quel mitico ventennio?

Articolo del 1999 sulla rivista Pesca in Mare dedicato alla crisi della pesca sportiva

Crisi della pesca sportiva.

Il dubbio che vi ho riportato è rimasto nella mia mente per l'intera serata. A dire la verità, è da quando sono un ragazzo che sento parlare di crisi...  Crisi della Lira, crisi dell'economia, crisi del lavoro, crisi del Sud, crisi dell'Euro, crisi della politica estera dell'Italia, crisi della produttività e perché no... anche crisi della pesca sportiva. Ricordo che un giorno se ne parlò anche su alcuni giornali di pesca. Ciò avvenne sia su un numero di Pescare che sulla rivista Pesca In. Purtroppo quelle riviste sono finite chissà dove. Le ho perse durante i molteplici traslochi a cui sono stato sottoposto col passare degli anni. Tuttavia sono riuscito a conservare alcuni numeri di Pesca in Mare. E tra questi, in quella sera in cui c'era il tarlo della crisi della pesca sportiva ad assillarmi, sono riuscito a recuperare un numero del Maggio 1999 in cui è presente in copertina un piccolo riquadro che recita così: pesca sportiva - anatomia di una crisi.

 

È già dal 1999 che si parla (o si parlava) di crisi del comparto pescasportivo. 23 anni fa, se consideriamo il momento esatto in cui scrivo queste righe. Le motivazioni che compongono l'articolo sono le più disparate. Potete notarle attraverso piccole testimonianze che ho recuperato proprio dal pezzo del direttore Stefano Navarrini, che provo a pubblicare in alcuni suoi punti senza l'intento esplicito di voler violare il copyright. Anzi lo ringrazio personalmente per quella che fu una testimonianza del momento difficile in cui versava la pesca sportiva in mare e acque dolci, mentre ci accingevamo a varcare la porta del terzo millennio. Dopo aver letto l'articolo in questione, ho provato a chiedermi il perché la pesca sportiva sia oggi definita ufficialmente in crisi.

 

Ho cominciato a pescare con attrezzature un po' più professionali a partire dal 1995, mentre è dal 2006 che collaboro con varie riviste di pesca e con alcune aziende. Il 2006 rappresenta anche la nascita di Pescanet, quindi la fascia temporale su cui si basa la mia analisi è di circa 30 anni. Ciò mi consente di poter esprimere alcune opinioni con una certa conoscenza del caso. Secondo il mio parere, le motivazioni che hanno portato ad una crisi della pesca sportiva, ufficialmente riconosciuta durante gli anni novanta e perdurante fino ai giorni nostri sono tra le più svariate. Proverò a riassumerle una per una, ma potrei dimenticare alcuni dettagli visto che il discorso è veramente ampio.

Motivazione n°1: numerose alternative per trascorrere il proprio tempo libero e mancato ricambio generazionale.

Credo innanzitutto che la pesca sportiva stia vivendo un profondo periodo di difficoltà perché, rispetto al passato, nell'attuale momento storico vi siano decisamente più alternative (talvolta allettanti) per trascorrere il proprio tempo libero. Negli anni '70 e negli anni '80 i giovani e gli uomini in età 34/64 anni potevano dedicarsi volentieri alla pesca sportiva perché la stessa era riconosciuta (anche socialmente) come uno dei passatempi più comuni. Adesso invece sembra che non ci sia più tempo per fare nulla. Siamo sempre impegnati, c'è meno gusto per vivere l'ozio e il relax. Siamo sempre iperattiviti e iperconnessi, infatti abbiamo perso il gusto del rivivere emozioni semplici, basilari. In realtà trascorriamo molto tempo sui social network, incollati ad uno schermo del cellulare, di un computer di una televisione. Inoltre, secondo la mia disamina, si conducono vite meno solitarie bensì più di compagnia. Per esempio, 40 e 50 anni fa, era assolutamente normale, per un giovane ragazzo e per un uomo di mezza età, svegliarsi presto e andare a pesca. C'era il nonno o il papà che insegnavano al proprio nipote o figlio i rudimenti della pesca. I giovani diciottenni di oggi invece preferiscono andare a ballare, divertirsi in discoteca, trascorrere la domenica mattina con gli amici al bar o a passeggio, magari su un mezzo a due ruote. La pesca viene vista come un'attività retrò, diciamoci la verità. Sono cambiate le abitudini anche per coloro che sono un po' più avanti nell'età: sembra quasi che nel 2022 l'aperitivo domenicale e la passeggiata per le vie del centro con prole e moglie al seguito, intervallata con ridicoli selfie sui social (per cercare approvazione sociale), rappresentino un "must" rispetto a qualche ora di tranquillità e relax sul fiume in riva al mare, nel vivo del rapporto padre/figlio.

Motivazione n°2: minore disponibilità economica oppure cambio delle priorità a favore di viaggi e ristorazione?

Un secondo motivo dipende certamente dalle problematiche inflattive e dalla minore disponibilità economica rispetto al passato. Tuttavia mi si permetta di fare un approfondimento su questo punto. Credo che negli anni sia cambiata anche la percezione e l'importanza della spesa per il nostro sport. Mentre tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta, la pesca poteva rappresentare un elemento di novità tale da arrivare a costituire un'importante fetta di investimento del proprio stipendio mensile, ai giorni nostri sembrano esserci altre priorità. La spesa per la ristorazione è cresciuta notevolmente, infatti si va molto più al ristorante che in passato. Si spendono molti più quattrini per aperitivi apericene (abitudine che non esisteva negli '80 e '90) rispetto ai tempi in cui vissero i nostri genitori. Inoltre si spende molto di più in viaggi, in vestiti firmati, in cellulari molto costosi e tanti altri comfort da apparenza e consumismo che invece prima non passavano per la mente del consumatore medio. Pertanto oserei dire che la crisi della pesca sportiva, più che soltanto da un fattore economico, è contraddistinta da una crisi di tipo morale e di valori che sembra attanagliare il comparto senza una reale via d'uscita.

Motivazione n°3: minore quantità di pesce, inquinamento, bracconaggio.

Un terzo motivo, impossibile da negare, riguarda lo stato delle acque libere. Si pescano sempre meno pesci oppure la taglia dei pinnuti tende a diminuire verso un punto di non ritorno. Ciò dicasi sia per il mare, ma soprattutto per le acque dolci. Il bracconaggio dell'Est, la delinquenza sulle sponde, inquinamento incontrollato, la mancanza della filosofia del catch and realease soprattutto in mare (non siate ipocriti, quand'è stata l'ultima volta che avete rilasciato una spigola?)  ci stanno portando a pescare sempre meno pesce. Le battute di pesca sono ogni volta più difficili. Il pesce mangia con minor propensione. È vero che ci sono i laghetti sportivi a poter dare una mano e salvaguardare l'aspetto del divertimento, ma se un pescatore abituale frequenta gli spot che conosce da anni ed anni, non potrà che notare un graduale impoverimento della fauna ittica. C'è poco da fare. Bisogna ammettere che la riduzione del pescato è sicuramente una terza motivazione che ha portato alla diminuzione dei pescatori e conseguentemente alla crisi dei negozi, che hanno visto diminuire il proprio bacino di utenza da due milioni e mezzo a circa un milione di appassionati. Forse il gioco non vale più la candela. Svegliarsi presto, spendere soldi per spostamenti e pescare poco o niente... ma chi me lo fa fare? Dal 1995 ai giorni nostri ho visto sempre più diminuire le potenzialità del mare di Puglia, delle acque dolci della Puglia e successivamente del Trentino e del Veneto. Le acque sono diventate sempre più povere di pesci e la popolazione ittica conseguentemente meno pregiata. Sono quasi scomparsi i pighi, le savette, le tinche, i cavedani d'un tempo, rimpiazzati ormai da pesci in meno nobili. Le grosse boghe, le aguglie e i primi sgombri da riva a settembre sono soltanto un ricordo delle annate che vivevo prima degli anni 2000, in cui mi regalavo sogni e speranze di una gloriosa pesca in mare che appartiene al passato. Tali specie ittiche sono sempre meno numerose, soppresse a favore di intrusi come i pesci serra e altre specie di acque più temperate che hanno letteralmente distrutto la catena alimentare, mettendo in crisi predatori come la spigola e l'orata. Senza contare anche l'inquinamento, la pesca intensiva, le reti a strascico, i bombaroli, ecc...

Motivazione n°4: crisi etico-alieutica a causa di influencer, pro staff e promoter poco professionali.

L'ultimo motivo che probabilmente ha portato alla crisi della pesca sportiva, ma soprattutto al crollo di quel mondo dell'informazione che ruotava attorno al mondo alieutico. Sto parlando di internet, dei forum, dei social network e di tutta quella "crisi etico-alieutica" innescata da influencer, promoter e pro-staff spesso assoldati da alcuni operatori di settore senza una reale verifica delle capacità piscatorie degli stessi.  Per carità, c'è da ammettere che negli cinque anni ho visto diventare promoter o pro-staff/influencer alcuni ragazzi e soprattutto ragazze (fenomeno tutto di Instagram), più per la capacità di comunicazione sui social che per le reali doti di pescasportivi. Hanno frammentato il pubblico a favore di una maggiore banalizzazione dei contenuti, sfociata talvolta in una pornografia ittica fatta di catture di peso in mano a gente prezzolata, assoldata per promuovere prodotti anziché divulgare la pesca. Spigole e carpe sicuramente interessanti, ma veicolate più per la necessità di apparire che per condividere il vero spirito alieutico, come avvenuto per più di 50 anni attraverso le riviste di pesca.

riviste e giornali di pesca sportiva

Tanti anni fa, quando c'erano le riviste, ogni articolo, ogni parola, ogni trafiletto era pensato e soppesato. Ogni fotografia a corredo della pubblicazione aveva il suo perché. C'era l'attesa di un nuovo numero, mese dopo mese. L'informazione era nelle mani di alcuni editori che affidavano la condivisione a pescatori amatoriali e professionisti che vivevano di giornalismo. Adesso invece, con i social network, la troppa velocità (e facilità) con cui si condividono immagini e informazioni hanno fatto perdere il gusto di vivere la pesca alla stregua di un'arte o di un'attività elitaria. Mi sembra che si viva soltanto di apparenza. La sportività è ormai andata a farsi benedire.

Per favore, lungi da me alzare un polverone e scagliare la pietra su tutto il mondo dei giovani promoter o degli influencer. Tra questi ci sono i collaboratori di Pescanet, ragazzi e soprattutto ragazze under 30, che mi aiutano nella divulgazione della pesca grazie a reali doti alieutiche. Ho riconosciuto le loro capacità e ho voluto premiarli concedendo uno spazio in cui riversare le proprie conoscenze. Anzi, a dire il vero, tra di loro ci sono anch'io: Pescanet è infatti un esempio di influencer marketing con più di 15 anni di operatività nel mondo della divulgazione della pesca. Nel tempo sono stato sia promoter, sia prostaff e influencer. Tuttavia credo di averlo fatto con un bagaglio di conoscenze ittiche alle spalle. Non posso invece accettare che diventino promoter e influencer quei giovani ragazzi che hanno cominciato a pescare l'altro ieri... e che oggi millantino chissà quali competenze. No, non posso assolutamente accettarlo. Saranno sicuramente dei bravi web marketer e degli ottimi Igers. Non lo nego e tanto di cappello. Ma deve passarne veramente tanta di acqua sotto i ponti prima di poterli definire "pescatori" e opinion leader. Tutta questa pornografia ittica ha allontanato parte del pubblico di pescasportivi e di promettenti leve. Rifletteteci: non ci sono più quei guru, quei volti, quei "maestri" con un bagaglio di conoscenze, rappresentati da uomini di una certa età e da campioni. Di tutto ciò oggi non v'è più traccia. Ciò che regna è la minore professionalità e la dilagante "amatorialità". Un mix che non fa per niente bene alla nostra passione.

Previsioni per il futuro?

Dopo aver esposto tutte le mie teorie e aver riconosciuto quelle che sono le cause che hanno portato ad un declino della pesca sportiva, credo che ci siano due strade da percorrere. La prima è quella della riscoperta delle nostre origini. Una pesca più intima, una pesca più vintage come era praticata tra gli anni '80 e gli anni '90. Oppure la seconda strada è continuare a percorrere la via della pesca sportiva come ai giorni nostri, affidandosi ad una visione alieutica consumistica che ci porterà chissà verso quale futuro. Un futuro che, ammetto, mi appare sempre più di degrado e di declino. Volete tornare ai tempi in cui probabilmente la pesca non conosceva crisi? Riscoprite su YouTube i video de L'Arte della Pesca, di Fisheye, di Strike. Vedrete con i vostri occhi che, probabilmente, gli anni tra il 1985 e il 1995 sono stati i migliori per la nostra disciplina e rischiano di non​ tornare mai... mai più.

Marco de Biase

Marco de Biase

Direttore di Pescanet e di Pescare in Trentino. Classe 1983, vive da diversi anni nel Nord Italia occupandosi di marketing digitale. Dopo una lunga esperienza nelle acque pugliesi dell'Adriatico, frequenta da tempo gli spot del Trentino, Veneto e Lombardia. È un pescatore umile, sempre disposto a documentarsi e amante delle sfide. Comunica attraverso la scrittura, la fotografia e i social network seguiti da più di ventimila followers. È inoltre autore di due romanzi d'amore e pesca, oltre ad essere poliedrico collaboratore di riviste cartacee, aziende e blog di settore.

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