Racconti di una pescata di mezza estate

Sin da piccolo sono sempre stato catturato dalla natura e dal suo rapporto con l’uomo, in particolare dalla pesca; per ore rimanevo immobile ad ascoltare gli affascinanti racconti di mio padre che, armato di pazienza, si è cimentato nell’ardua impresa di insegnarmi le tecniche base. Ogni volta che prendo all’amo un pesce, un brivido mi attraversa portandomi alla mente i ricordi più belli e più sinceri di questa passione. Circa due anni fa, sono venuta a conoscenza di una piccola associazione sportiva nelle vicinanze del Mantovano, luogo principale delle mie battute di pesca. Una scoperta quasi casuale che mi consente, al termine della scuola, di dedicarmi alla mia tecnica preferita: il ledgering. Dopo qualche sessione di prova, io ed il mio socio David procediamo all’iscrizione in questo “complesso” formato da due laghetti, uno di dimensioni medie e l’altro, utilizzato principalmente per il ripopolamento del primo, ancora più piccolo. Si tratta del laghetto Serraglio, a Suzzara, nell'agro Mantovano. Una soluzione non particolarmente impegnativa, insomma; ma quanto basta per riaccendere una passione che negli anni precedenti, prevalentemente per motivi scolastici, ho dovuto tristemente mettere da parte.

 

Il racconto. Oggi vorrei raccontarvi di una delle pescate più divertenti e allo stesso tempo impegnative che ci siano mai capitate durante l’ultimo anno, nella stagione estiva.Raggiungo la casa del mio collega e, armati di quanto necessario, ci dirigiamo, rigorosamente in bicicletta, verso la cava di pesca, con un carico di peso che sfiora quello di una nave cargo. Imperterriti, raggiungiamo la nostra postazione, situata nel lato nord del laghetto, parte maggiormente soleggiata ma garanzia di catture solitamente soddisfacenti. Afferriamo due strutture improbabili a forma di sedia, fatiscenti e al culmine del loro servizio, e ci sediamo; iniziamo a montare le nostre canne: una da ledgering, con un buon carico ed un mulinello abbastanza capiente, l’altra più lunga e con meno filo a disposizione, ma pur sempre un ottimo strumento. Tra le due, decidiamo quasi per scherzo di piazzare una fissa di quattro metri e circa quindici anni, munita di filo dello 0,18 e tappo abbastanza poco visibile. Sciolte le montature dai loro relativi ponticelli, optiamo per un misto pastura e mais nel feeder e chicchi di frumento sugli ami, rigorosamente tre per scaramanzia. Dopo un ampio angolo di pasturazione con lo stesso riempimento dei pastura tori, preparato con ricetta a regola d’arte, finalmente posizioniamo le due canne, pretendendo un attimo di riposo. Trascorsi forse quindici secondi, la frizione del mio socio parte a velocità impressionante ma, troppo occupati a fare altro, nessuno di noi la afferra in tempo. Fortunatamente, spesso suo fratello minore ci accompagna nelle nostre avventure, ricordandoci quanto siamo distratti e salvandoci da molti cappotti. Con presa ferma, ferra deciso e inizia quello che sarà uno dei combattimenti più ardui che abbia mai affrontato.

 

La cattura. Ci troviamo in una situazione di svantaggio e il pesce si dimena furioso; a tratti, vediamo spuntare la sua coda lucente dall’acqua del laghetto. La preda salta fuori e si contorce mentre strattona la lenza senza tregua. Con in lenza uno 0,16, ci occorrono infatti all’incirca una ventina di minuti per riuscire a portare a riva una spettacolare carpa regina di 4,7kg; mentre ci accingiamo a scattare qualche foto alla nostra meravigliosa cattura, quella che ritenevamo un’innocua presa in giro, la canna fissa, scivola velocemente in acqua costringendomi a buttarmi su di essa, mentre l’altra preda veniva cautamente rilasciata dai miei amici.Dopo qualche strattone, vedo di sfuggita le inconfondibili placche della pelle di un piccolo storione, uno dei due che recentemente erano stati introdotti. Raramente ho provato l’emozione di confrontarmi con un pesce così potente, un pesce che riesce senza problemi a piegare la canna e a farle sfiorare l’acqua. Con l’aiuto prezioso del mio socio, tentiamo di trascinarlo nel guadino ma questo, non ancora stanco, vira bruscamente arrotolandosi su se stesso e tenta di slamarsi. Fortunatamente riesco a frenare la sua fuga con una mossa decisa e finalmente riusciamo a tirarlo fuori.  Scattata qualche foto, riposizioniamo le canne e ci prendiamo qualche istante di pausa, che viene (nuovamente) interrotto dall’abboccata di una carpa regina di discrete dimensioni sull’amo del mio compagno. La frizione stride ed il caldo è veramente torrido, ma non abbastanza da scoraggiare la nostra pescata. Il pesce vira bruscamente in un cespuglio e temiamo di perderlo ma, fortunatamente, grazie ad un buon movimento riesce a tirarlo fuori e lo porta a riva.

Il ricordo di una meravigliosa giornata di pesca. Una giornata intensa ed emozionante, non tanto per le dimensioni delle carpe e dello storione, ma sicuramente per la difficoltà con la quale le abbiamo catturate, le emozioni uniche che abbiamo provato e il rischio di lasciarsi scappare una preda tanto ambita. Dopo una lunga attesa, veniamo premiati con la soddisfazione di aver vinto una battaglia, anzi una sfida, che da secoli è vissuta  tra pesce e pescatore, nonostante ogni difficoltà; questo, in mia opinione, esprime il vero significato della meravigliosa passione che è la pesca.

Gianmarco Mondini

Gianmarco Mondini

Studente di Liceo Classico, 17 anni, di origini mantovane. Appassionato sin da piccolo di pesca e natura, è un cultore della pesca a fondo, ledgering e con la canna fissa. Frequenta per lo più la zona di Mantova e provincia ma ama spostarsi per provare nuove emozioni.

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