Pesca in mare: può essere necessaria la licenza
Notizie poco entusiasmanti per tutti gli amanti della pesca sportiva. Probabilmente nei prossimi mesi verrà introdotta una licenza a pagamento per chi pratica la pesca su costa, nei fiumi o in barca. È in fase di discussione, infatti, una proposta presso la Commissione parlamentare Agricoltura riguardo a questo sport. La proposta è stata chiamata "Interventi per il settore ittico" e prevede una tassa per chi pratica la pesca con lenza o subacquea. Andiamo con ordine.La proposta di legge consta di 26 articoli, 24 dei quali riguardano la pesca professionale e l'acquacoltura, solo due di essi invece si rivolgono ai pescatori sportivi. In questi due articoli si parla di una licenza a pagamento per la pesca sportiva che varia in base all'attrezzatura impiegata. Chi possiede più strumenti paga una licenza più cara, questo vale sia per i diportisti di superficie che per i subacquei.
I soldi raccolti dallo Stato attraverso questa licenza verrebbero utilizzati per aiutare economicamente la pesca professionale, un settore che attualmente vede una intera filiera in crisi. In pratica, i pescatori sportivi non pagherebbero una tassa per tutelare l'ambiente che sfruttano poco (e che neanche danneggiano) ma gli introiti ricavati dalle loro tasse verrebbero spesi per aumentare la competitività e lo sviluppo delle aziende ittiche del Paese, settore che ha perso molto a causa della crisi. I pescatori sportivi non vedono di buon occhio questa futura prassi, perché preferirebbero che il denaro speso andasse sì alle casse dello Stato, ma per tutelare la fauna marina, con dei piani strategici che puntassero a ripopolare tratti di mare poco pescosi, oppure per difendere le coste dall'inquinamento.
Facendo i conti, come fa notare l'articolo apparso sul Messaggero, ponendo il caso che la licenza costi dieci euro all'anno, per un milione di pescatori sportivi stimati, le casse dello Stato italiano introiterebbero dieci milioni di euro, una bella somma che poi verrebbe utilizzata per aiutare la pesca professionista. D'altra parte, lo Stato pretende di tassare la pesca sportiva, proprio perché considerata un lusso (seppur piccolo) se comparata alla pratica svolta per professione, visto che il pesce pescato non finisce sui banchi di un supermercato ma nella propria tavola.
La strumentazione "tassata" è solo quella usata per la pesca, dispositivi per l'illuminazione di barche, accessori per la manutenzione, motori, strumenti radio o altri accessori nautica non rientrano nel decreto. Un articolo della legge in discussione alla Camera vieta invece l'uso nella pesca sportiva di strumenti come nasse e palangari: su questo, però, i pescatori non hanno nulla da obiettare.
Una notizia poco positiva per gli amanti del mare e della pesca, non tanto per la potenziale spesa che va ad aggiungersi ai costi dell'attrezzatura, ma per il gesto che vede pesare sugli sportivi oneri che dovrebbe accollarsi il settore professionale, o comunque lo Stato, ma con altri mezzi.
Non si sa ancora se la legge passerà, ad ogni modo i pescatori sportivi sono preoccupati, c'è da pensare che molti di loro continueranno ad andare nelle spiagge, sugli scogli, o in barca, ma senza canna o reti, magari anche solo per passare una giornata all'aria aperta.