Occhiate all'inglese

Tra qualche giorno entreremo nella primavera, quella biologica segnata dalle abitudini del calendario. Due settimane fa abbiamo assaporato il tepore tipicamente frizzantino che ci attende nei prossimi weekend. La voglia di pesce marino gira a mille e le canne inglesi sono pronte per essere violentate (termine tecnico - me lo si permetta). E’ proprio di inglese che parleremo quest’oggi, applicata ad un simpatico sparide: l’occhiata. Abile nuotatore ed instancabile velocista, l’occhiata ha un corpo molto schiacciato, con occhi grandi e una classica fascia nera nei pressi della coda. Vive solitamente a mezz’acqua, si muove in branco e resta vicina a riva, specie nel periodo riproduttivo che coincide con la primavera. E’ un pesce essenzialmente onnivoro e non disdegna il bigattino, il coreano o gli scampi, esche alla portata di tutti. La sua attività è massima al tramonto e all’alba, raggiungendo picchi notturni. La riproduzione avviene tra febbraio e maggio; siamo nel periodo migliore per catturare gli esemplari più grossi, sia dalla scogliera, sia presso le imboccature dei porti.


Ricordi di pesca

Lo scorso anno, in un classico weekend di inizio primavera, complici le temperature gradevoli e mare calmo, ho rispolverato la cara inglese in tre pezzi per utilizzarla dalla scogliera con la "cannuccia". Nei giorni precedenti al sabato, il mercato ittico proponeva grosse occhiate a prezzo stracciato, campanellino d’allarme che rispecchiava l’arrivo in massa dello sparide presso le coste. Tutti i pezzi del puzzle parlavano all’unisono, risvegliando in me la voglia di pesca dalla scogliera. La scelta delle ore a cavallo dell’alba hanno sempre un suo perché e va ricercato proprio nel migliore dei momenti a disposizione del pescatore. Ho studiato le circostanze, gli umori. La notte l'ho guardata in viso e l'ho amata, senza pensarci. Ammetto che è duro svegliarsi prima del crepuscolo, con la fatica del venerdì alle spalle per dedicare la propria attenzione alla pesca. Confermo però che l’impegno è stato di sicuro ripagato con belle catture.


Il diario del pescatore: Sabato mattina, ore 3.45.

Sono giunto sul luogo di pesca ancora in piena notte. Ho assaporato il piacere della solitudine, quella magica sensazione che solo una passione come la nostra può donare al contatto col mare. Mentre tutti dormivano, ho notato il muoversi dei pesci in frenetica attività, con le occhiate impegnate in guizzi a pelo d’acqua. L’aria che arriccia il pelo lasciava presagire qualcosa di buono e mi fa riflettere per alcuni istanti, con la classica espressione da "mossista" che in molti riconoscono nei miei video di pesca. Prima di iniziare a pescare ho pasturato a circa 20 metri da riva proprio per far spostare il pascolo nella mia presunta zona di attività. Allo stesso tempo ho montato la canna in tre pezzi srotolando la lenza sulla scaletta, applicando lo starlight al galleggiante piombato. In ultimo (dettaglio irrilevante ai fini dell’attività alieutica – non a quella del mio risveglio però) qualcosa di dolce delizia il mio palato, con un bel cornetto caldo, acquistato alcuni minuti prima di arrivare dall’unico bar aperto a due passi dal molo.


Sono entrato in pesca a quasi tre quarti di fondo, continuando a pasturare con lanci di bigattini intervallati a pellets, con l’intento di avvicinare anche le tanto desiderate spigole. Improvvisamente, quasi out of the blue , come direbbero gli inglesi, il galleggiante va sott’acqua e sparisce. La violenta e decisa ferrata mette a dura prova la piccola tre pezzi dall’azione morbida, regalandomi emozioni mentre il mondo attorno dorme e l'unico suono è emesso dalla frizione del mulinello. Il combattimento dura qualche minuto con piccole zuccate in profondità. Il primo pesciotto corre nel guadino senza troppo elemosinare. Sfortunatamente non sono capace di programmare l’autoscatto sul cavalletto con la nuova compatta destinata ai report di pesca! Lascio che la macchina immortali la cattura con il mio sguardo ancora assonnato, senza l'utilizzo del flash. Rielaborando le foto col photoshop nasce un prodotto artistico, con le luci al naturale ed il porticciolo sullo sfondo nascosto dalle tenebre. Si riparte con i lanci ed il girotondo delle occhiate prende forma, tra prede di misura standard ed assoluti “sparroni giganti” (termine desunto della letteratura piscatoria barese). L'atmosfera ovattata cambia con il sorgere del sole, che fa capolino tra gli scogli che costeggiano il molo dinanzi alla mia postazione. L'attività continua imperterrita ma non distoglie la concentrazione sempre più determinata col carosello di occhiate, che termina con una cattura di buone dimensioni come l'esemplare ritratto alle sei del mattino, che copre totalmente il mio sorriso.


Montatura per la pesca all'inglese

Non vi sono specifiche lenze per la pesca all’occhiata. I neofiti della pesca in mare tireranno un sospiro di sollievo. Non vi ammorbo con perle tecniche da odissea nello spazio, lasciamo quella letteratura al purismo di altri pesci più complessi come la spigola. Mi sento però di consigliarvi una montatura standard per la pesca all’inglese in mare, testata più volte con ottimi risultati e valida anche per altri pesci attivi a galla o a mezzo-fondo. La geometria si presenta fluida (come imparato dagli insegnamenti di Francesco Casini), ottima per essere guidata a tiro di canna con un lancio a catapulta che dovrà prevedere una piccola trattenuta del monofilo prima della sua caduta in acqua, al fine di distendere il tutto. I due concetti chiave da ricordare a memoria, come se fossimo alla scuola media, appartengono al bulk che ferma il galleggiante a penna da 3+1 , per un totale di 0,45 gr (3 x pallini da 0,15); tre pallini poi da 0,15gr ciascuno a distanza dal bulk di 150 cm, distribuiti in modo equidistante in 30 cm di lenza. Il terminale conta invece un lunghezza pari a 50 centimetri dello 0,12 con ami a punta tonda tipo i 6315 della Gamakatsu o i Tubertini serie 2; una misura apparente corta si fa necessaria per l’assoluta voracità delle occhiate che sono solite attaccare il ciuffo di bigattini con estrema decisione, come se fossero a digiuno da giorni. Tuttavia la facilità con cui si è soliti avvertire l'abboccata si scontra con le difficoltà del recupero, con le improvvise e violente puntate verso il fondo da parte degli esemplari oltre l'etto, che richiedono un meticoloso lavoro di frizione e anti-ritorno per non rompere i terminali.


Conclusioni

Riscoprire un pesce come l'occhiata aumenta la nostra capacità di conoscere il mare. Pinnuti davvero simpatici, alla portata di tutti, anche dei principianti, che ti mettono di buon umore anche dopo un terribile venerdì tra ufficio e rognosi clienti. Quanto lo sparide è a tiro di canna è come avere un piccolo Eurostar agganciato all'amo, che non conosce fermate nè soste intermedie, pronto a combattere a più non posso contro il pescatore. I momenti più propizi per le occhiate (alla pari di spigole e orate) restano l'alba, le prime ore del mattino, il tramonto e la notte. Questo a causa della minore attività del naviglio nei porticcioli e dalla ridotta presenza di elementi di disturbo le scogliere.

Marco de Biase

Marco de Biase

Direttore di Pescanet e di Pescare in Trentino. Classe 1983, vive da diversi anni nel Nord Italia occupandosi di marketing digitale. Dopo una lunga esperienza nelle acque pugliesi dell'Adriatico, frequenta da tempo gli spot del Trentino, Veneto e Lombardia. È un pescatore umile, sempre disposto a documentarsi e amante delle sfide. Comunica attraverso la scrittura, la fotografia e i social network seguiti da più di ventimila followers. È inoltre autore di due romanzi d'amore e pesca, oltre ad essere poliedrico collaboratore di riviste cartacee, aziende e blog di settore.

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